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Appunti di un viaggio in Sicilia. (6/7)

6. Cronache di Trinacria (dedicato a Davide Carta e a Franco Branca…buon compleanno!)


Siracusa.

Se Agrigento e’ violentata dalla rapacità degli uomini e Catania abbrutita dall’incapacità di osservare il codice della strada, Siracusa e’ la città più sgarrupata fra le tante che ho visto.
Oggi della Siracusa greca non restano che frammenti dispersi e quella più antica, mista alla più recente, che occupa l’isola di Ortigia appare trascurata e per certi versi abbandonata.
Un cartello sbiadito e quasi illeggibile in via Orsi ci indica l’ingresso al Parco archeologico della Neapoli…della nuova città che sorse sulla terraferma e fu comunità gloriosa, illuminata dall’arte, dalla poesia e dal genio di Archimede.
Entriamo nel parco diffidenti…il trauma di Agrigento e’ troppo recente…ma non troviamo nulla, se non un parcheggio privato in un terreno coperto di erba gestito da una ragazza che ci offre un foglietto illustrativo delle emergenze archeologiche.
Della biglietteria neppure l’ombra, mentre dalla strada che si inerpica dolcemente sulla collina, intravediamo le indicazioni del teatro, dell’ara di Ierone, delle Latomie e del teatro romano. Capiamo che siamo entrati da un ingresso secondario e saliamo in fondo alla strada per cercare la biglietteria.
La trovo, dopo essere uscito dal parco e aver attraversato una strada trafficata, che immette in un piazzale zeppo di negozietti per turisti pieni di souvenirs da quattro soldi. La biglietteria e’ una casetta rossa quasi nascosta, con tre postazioni per una sola impiegata gentile…siamo soli e le chiedo la ragione di quella strana sistemazione. Mi risponde a disagio…qui ci hanno messo, non lo chieda a me.
Le chiedo perché abbiano messo un’altra biglietteria dentro il parco solo per fare i biglietti nella stagione teatrale…mi scusi, sa, non lo so.

In realtà non si capisce molto o forse tutto. Sono venuto come turista e sto diventando un critico feroce dell’intero sistema, che non e’ solo siciliano.
Il Parco in realtà ha solo due teatri, greco e romano, l’ara di Ierone e le Latomie. Basterebbe un solo custode per il controllo biglietti…ne vedo tre…e una brochure che spieghi qualcosa. Io ho le mie guide e non ne ho bisogno, ma i due terzi dei visitatori…e non sono molti…si muovono nella totale incertezza, si interrogano muti, scattano foto a monumenti sconosciuti.
Il Teatro greco ha solo pochi gradini originali e gli altri sono stati realizzati in legno, come nell’anfiteatro di Cagliari…e mi chiedo che follia sia stata quella di farli rimuovere, impedendo ai turisti di visitare un monumento dieci volte più bello di questo siracusano, e ai cagliaritani di assistere a spettacoli teatrali e musicali in una cornice fantastica.
Qui, nel V secolo, 15 mila spettatori assistevano alle tragedie di Eschilo e alle commedie di Epicarno…qui il popolo discusse di politica e deliberò la difesa contro le i romani invasori…forse qui Archimede illustro’ ai siracusani terrorizzati la tecnica della concentrazione dei raggi solari su specchi giganteschi per proiettarli sulle triremi romane e incenerirle.
Povero Archimede! Fu ucciso da un legionario irritato perché lo scienziato, che studiava un problema disegnando le formule sulla spiaggia, assorto nelle sue intuizioni geniali, del tutto estraneo al mondo esterno, gli rispose “ti prego, non rovinarmi il disegno e aspetta che risolva questo problema”. I siracusani si dimenticarono anche della sua tomba, che fu ritrovata in mezzo alla sterpaglia da Cicerone, inviato per combattere le ruberie dei politici…anche allora era uno sport nazionale…e il grande oratore di infuriò con quella gente ignara del proprio passato.
Secondo me di quella gloria sanno poco anche i custodi. Sono spenti, abulici, trasandati…mentre io avrei imposto il frac per rispetto del passato.

La sommità della collina del teatro ospita una necropoli romana e bizantina…le solite tombe in arcosolio…ma una ha un fascino particolare, perché vi scorre una cascata di acqua freschissima e la sua musica impone di fermarsi sfuggendo al caldo torrido di un sole implacabile. Ho cercato poi di capire se l’acqua sia solo un marchingegno per turisti o provenga da un antico acquedotto di cui ho letto da qualche parte…ma non ho scoperto nulla.
Del teatro romano resta solo la cavea…le tribune sono state usare per le costruzioni più recenti…ma era imponente, quasi come l’Arena di Verona o il Colosseo.
Sic transit gloria mundi.
Anche l’ara di Ierone conserva solo un pallido ricordo del passato, quando 2200 anni fa vi si facevano i sacrifici rituali…la piazza antistante aveva un colonnato monumentale e una piscina pubblica. Tutto e’ scomparso e non capisco perché gli Spagnoli l’abbiano demolita.

La natura non odia l’uomo, lo accoglie come una madre, ma e’ severa e lo sfugge e lo allontana se non rispetta le sue leggi. E allora, quando può si riprende tutto.
A Siracusa l’uomo ha fatto scomparire per un diabolico sortilegio il profilo elegante immutato da milioni di anni, che quasi ottocento anni prima di Cristo accolse i coloni greci di Corinto. Ma non e’ riuscito a distruggere le Latomie, antiche cave di pietra calcare usate per costruire la città. Sono antri ciclopici, impressionanti, anche perché ricordano le sofferenze degli schiavi usati come animali dai loro padroni. Fu in queste grotte che furono buttati e lasciati morire di fame i soldati ateniesi mandati contro Siracusa, diventata temibile e potente.
E fu in una di queste cave che il tiranno Dioniso ascoltava quanto i prigionieri dicevano anche sottovoce…ha la forma di un orecchio e da lontano sentiamo nitidamente l’eco della voce dei visitatori… ecco perché si chiama Orecchio di Dioniso.
A fianco si apre l’imponente latomia dei Cordari, dove questi artigiani lavoravano fino a pochi decenni fa, ma non si può entrare.
Vediamo queste gigantesche bocche di calcare dall’esterno…da una foresta di alti alberi col sottobosco verde di capelvenere, di canneti e di fitti cespugli bianchi e rosa di oleandri.
Un giardino lussureggiante, che ha ripreso il dominio della montagna assalita dall’uomo.

Non abbiamo finito di soffrire per questa Sicilia bellissima e violentata.
La strada che va in città e a Ortigia, porta anche all’ingresso del teatro greco…ed e’ scavata nella necropoli, che appare deturpata, distrutta. Anche le case a picco sul teatro hanno le fondamenta sugli antichi sepolcri, sui colombai, sui sarcofagi di pietra.
Peccato che le anime dei morti non tornino a tormentare i sogni di questi vandali.

Ortigia e’ unita alla terraferma da un ponte.
E’ bella, ricca di testimonianze del passato…il tempio di Apollo, il Duomo che racchiude e conserva il tempio dorico di Atena e la fonte Aretusa, nata da una leggenda che univa i colonizzatori greci alla loro patria lontana. La ricordano Pindaro e Virgilio…una fonte generosa nascosta tra i papiri. Aretusa era un’ancella di Diana e si getto’ in mare per sfuggire al dio fluviale Alfeo per poi ricomparire a Ortigia sotto forma di sorgente.
Ma l’abitato oggi appare devastato dall’incuria…case con facciate lebbrose, il carcere borbonico in rovina e un parcheggio orribile sul mare che ci nega l’orizzonte.
Ringraziamo la pioggia che ci impone di lasciare queste brutture.
Andiamo a Noto, patria del barocco.

 

Tonino Serra.

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