Cala Magroni e i due "Cinghiali "I sistemi carsici dell’Ogliastra e del Supramonte rappresentano un esempio, tra quelli maggiormente esplorati al mondo, di sistemi fluviali ipogei. Il turismo speleologico genera in Italia un indotto di circa 25 milioni di € (fonte ANSA.it) e in Sardegna, con ben 12 siti, c’è il maggior numero di grotte fruibili a scopo turistico (al secondo posto c’è il Friuli con appena 6 siti). Questi sono dati ufficiali e aggiornati a Novembre 2014.

Vorrei dare un mio modesto contributo e raccontare come, spesso, la scoperta di queste bellezze naturali sia del tutto casuale e di come l’audacia e la temerarietà, nonché dalla sanissima incoscienza, siano le leve che muovono la volontà di chi, probabilmente per primo, le scopre. Lungi da me l’idea di voler associare il mio nome a quelli molto più prestigiosi e più noti di numerosissimi esperti del settore e premetto che non mi considero assolutamente uno speleologo subacqueo, ma in molte delle grotte del sistema carsico delle coste di Baunei ritengo che io e Buzzico siamo stati tra i primi esseri umani a metterci le pinne e in diverse, come le grotte “di Alice”, “della Sorgente”, “L’incontro” o “Acituan” siamo sicuramente state le prime guide subacquee a portarci dei visitatori paganti (perché il nostro era un lavoro con il quale ci pagavamo da vivere).

La grotta particolarissima detta “Della Sorgente” (probabilmente ha anche altri nomi, ma io e Buzzico cosi decidemmo di chiamarla) si trova nella parete rivolta verso sud di Cala Magroni in località Capo Monte Santo. È accessibilissima e ha un ingresso ad appena -4mt. Una delle sue caratteristiche peculiari è l’ampia finestra aperta nella parete a circa 5 metri sul livello del mare che consente un illuminazione naturale del suo interno. La sua profondità contenuta la rende adatta anche ai subacquei poco esperti e rappresenta un sito perfetto per approcciare il mondo delle immersioni in grotta o per l’addestramento dei corsi di specialità. Particolarmente suggestivo, come in quasi tutte le grotte subacquee, è l’effetto “contro luce” fruibile quando si esce dalla grotta e un indescrivibile colore azzurro riempie gli occhi dei fortunati subacquei. La seconda peculiarità di questa grotta è un semipermanente aloclino di freddissima acqua dolce che dopo le piogge può arrivare anche a due metri di profondità dalla superfice. In estate la differenza di temperatura può essere anche di 15 °C. La particolarità è che, benché molto più fredda e teoricamente più densa, quest’acqua permanga in superfice all’interno dello specchio d’acqua contenuto dalle pareti della caverna. Il motivo è che si tratta di acqua dolce, meno densa, che si adagia sull’acqua di mare più calda ma con maggiore densità per i sali disciolti in essa. La zona di miscibilità dei due liquidi crea bellissimi effetti ottici distorsivi unici e visibili in pochissimi altri siti nel Mediterraneo.

Quello che pochissimi sanno sulla grotta della Sorgente è che, in realtà, essa costituisce solo la modesta anticamera di una più vasta grotta, quella famosa “Di Alice” che si raggiunge da uno stretto passaggio quasi completamente sommerso che ha origine subito dietro un insospettabile masso di piccole dimensioni collocato quasi in superfice nella parte più a nord. Scoprimmo il passaggio perché dovevamo capire da dove arrivasse tutta quell’acqua dolce e come “presentat arm” cercammo di infilarci frettolosamente al suo interno almeno in quattro o cinque (avevamo degli ospiti quella volta!!), ma il sedimento depositato non consentiva l’ingresso. Per niente demoralizzati, pochi giorni dopo io e Buzzico decidemmo di modificare le attrezzature e di tentare lo “sfondamento”. In termini descrittivi semplici vi dico solo che ci limitammo a legare sul fondello della bombola una “Vega2” (torcia subacquea in voga a quei tempi ma di dimensioni non troppo contenute, dotata di un autonomia non esattamente “appropriata” ad un uso speleologico subacqueo, ma quello era il meglio della tecnologia di cui disponevamo).

L’idea era quella di non indossare Gav e di tenere la bombola davanti alla testa con le mani per riuscire a passare nello stretto cunicolo e di proseguire quindi con la stessa sotto il braccio. A pensarci bene, potremmo anche chiedere i diritti per il “Sidemount” odierno. Cosi, al seguito del “Bianconiglio” (da cui il nome di “Grotta di Alice”), ci infilammo come due cinghiali subacquei nello strettissimo cunicolo. Dopo circa 60 mt e attraversando tre sifoni arrivammo in una ampia camera emergendo in un laghetto di acqua dolce circondato da una bellissima e intonsa spiaggia di sabbia bianchissima.

Con lo stupore negli occhi e attrezzati in maniera assolutamente inappropriata ci avventurammo in una frettolosa ispezione della immensa grotta che ci si era presentata innanzi. Le dimensioni che stimammo (Telemetro? Roletta metrica? Inclinometro? Linea di sicurezza? Bussola? questi sconosciuti!) erano quelle di una palestra, ma diversi cunicoli partivano da questa. Cercammo di addentrarci in quello che sembrava il principale e il più agibile tra tutti, ma le paurose scivolalte causate dalle suole inadatte dei calzari subacquei e il virare verso toni caldi della luce delle torce (che avevano l’irritante abitudine di spegnersi senza preavviso) ci fecero rientrare sui nostri passi e ritornare, eccitatissimi, alla grotta della sorgente e quindi in barca.

Ecco appunto, in barca…. ci eravamo scordati del barcaiolo, Peppe che preoccupatissimo ci aspettava disperato e afflitto da una tremenda emicrania causatagli dallo stress dovuto al fatto che ci dava per dispersi e ci credeva ormai morti! Il suo inveire contro di noi, e devo dire che considerando il tempo trascorso e la scorta di aria che avevamo non avesse proprio tutti i torti, ci fece rivalutare i rischi di quel genere di immersione e credo che proprio per questo motivo decidemmo di non portarci mai nessuno. Insomma, se quando qualcuno di voi mi ha chiesto se la grotta di Alice esistesse veramente e gli ho risposto che era solo una leggenda……sappiate che se vi ho mentito è per colpa di Peppe!

Ho lavorato come guida subacquea anche nello Jucatan, penisola nel sud-est del Mexico che separa il Mar dei Caraibi dal Golfo del Messico, famosa in tutto il mondo per le immersioni nei “Cenotes” (esteso sistema carsico che vede la quasi totalità della rete idrografica scorrere nel sottosuolo della fitta Jungla Caraibica) e vi garantisco che ne è valsa assolutamente la pena (soprattutto per la qualità delle loro birre!). Comunque le grotte del Golfo di Orosei escono sicuramente vincitrici da un confronto diretto, mentre la “Ichnusa” non regge se contrapposta alla “Dos Equis” o la “Negra Modelo”! in conclusione: se amate la buonissima birra è meglio che vi immergiate in Mexico, ma se siete Full Cave Diver di quelli seri e vi sapete accontentare di una buona birra, le grotte subacquee del territorio di Baunei dovete assolutamente esplorarle.

Le grotte di Baunei sono tante e adatte a tutti i livelli di subacquei, vi dico solo che la grotta di “Utopia”, con l’entrata molto poco evidente a -12 mt nella zona di “Punta Mudaloru” esplorata seriamente dal 1996 (ma io e Buzzico ci eravamo già, sprezzanti del pericolo, avventurati nei suoi iniziali meandri nel 1991!) è stata esplorata per circa 8 Km e che rappresenta la più lunga grotta subacquea Europea. Sottolineo che a tutt’oggi nessuno ne ha ancora trovato la fine o dimostrato la convergenza con altri sistemi carsici, neanche aerei. Tra le tante descrizioni che ne ho sentito dare, la più suggestiva è sicuramente : "Door to the inner side of earth" (Una porta per le viscere della Terra). Se queste grotte potessero parlare, alcune racconterebbero storie molto interessanti, altre storie divertenti e certe vi saprebbero descrivere il vero terrore! Come la Grotta di “Bel Torrente” (o delle “Conchiglie”) se voi gli chiedeste che cosa è successo a Julio (ecoh lá!!) quel giorno che scopri di aver sottovalutato l’importanza della bussola…..ma questa storia ve la racconterò nel prossimo post.

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