Suggestioni: Un sogno ininterrotto.


ElavielMask

 

E’ bello, consolante nel dolore per un amico che muore, pensare che in realtà il suo corpo non e’ più trattenuto dal dolore su questa terra, che sa essere terribilmente crudele, ma ne viene liberato per volare via, in un cielo pulito da ogni nube, sempre azzurro, senza buio.
Un’anima che si ricongiunge al mistero di un’esistenza, che non finisce quando gli occhi di chiudono al mondo, ai colori di una natura sempre diversa e commovente, al viso di chi ci ama, alle parole, al sorriso, al gesto elegante delle mani, alle carezze e ai sogni.
I sogni, appunto…penso che siano i nostri amici di ogni sera e del nostro vivere fuori dal mondo.

Lo sussurrava anche Amleto, con le parole intense di Lawrence Olivier rivolte al freddo scheletro di un cranio, che un tempo aveva vissuto, amato, modulato le labbra scomparse nel sorriso o in un benigno saluto..
« Essere, o non essere, questo è il dilemma:

Morire, dormire…
nient’altro, e con un sonno dire che poniamo fine
al dolore del cuore e ai mille tumulti naturali
di cui è erede la carne…
….
Morire, dormire.
Dormire, forse sognare…

Chiudere gli occhi, scivolare nell’abbandono del pensiero e…sognare.
Viviamo nel sogno quando il corpo spossato si rinchiude in una dimensione senza tempo, senza spazio, senza volontà…quando si abbandona al nulla, che poi si riempie di immagini vivide, di sensazioni, di volti amici o nemici o di persone amate scomparse, che d’un tratto ricompaiono come se mai ti avessero lasciato, rendendoti infelice con il loro abbandono.
Il sogno, che ci restituisce pietosamente il limbo di un vissuto dimenticato, sepolto…nel cuore, forse, o in un angolo ancora sconosciuto del nostro cervello…nell’anima.
Riemerge, nel sonno, la terra sprofondata negli abissi, le carezze perse o desiderate, le risposte negate alle nostre incertezze, le vie percorse in solitudine…riemergono o si lasciano intravedere i cupi paesaggi di un’era scomparsa, i fondali di un oceano profondo, gli scogli sommersi, le alghe fluttuanti sfiorate dalle emozioni.
E’ allora che gli occhi si muovono dietro le palpebre chiuse, come a catturare l’assoluto, mentre il corpo diventa pesante e l’anima si libra oltre i suoi confini mortali.

I greci chiamavano Athena la dea “dagli occhi scintillanti”, ma oltre gli occhi che studiano il mondo, nel sonno finito o nella morte eterna, esiste certamente un universo consacrato all’inconscio, che non e’ incoscienza ma solo non-conoscenza critica …la vigilanza che abdica a se stessa e lascia posto a quello che definiamo coma, con linguaggio medico…la coscienza che sfuma nell’inconscio, se parliamo il linguaggio della psicologia.
Il sogno era un tempo il campo esclusivo dei sacerdoti, degli aruspici, degli indovini…un mondo plurimo, dove la religione si confondeva con l’ansia del conoscere il proprio destino e questa sfumava nei primi rudimenti della scienza. Poi Freud scopri’ l’inconscio e dissacro’ i sogni a semplice deposito delle nostre pulsioni rimosse e sepolte…finché Matte Blanco formulo’ l’idea che l’inconscio non significa solo il “rimosso”, ma anche una “struttura della psiche”, ed e’ caratterizzato dall’assenza di spazio e tempo.
Mi ritrovo in Blanco, che applica il metodo matematico allo studio della psiche e lo rende quindi più logico e assoluto. Ma resta in me, prepotente, l’idea che siamo ancora molto lontani dal decifrare il linguaggio del nostro cervello e quindi del nostro inconscio…non so se usando la logica matematica e applicando all’uomo il teorema di Pitagora riusciamo a scoprire l’area in cui si espande il nostro spirito…nell’uomo, il quadrato costruito sull’amore e’ equivalente alla somma delle aree dei quadrati costruiti sulle emozioni.

Sonno e sogno, dormire, forse sognare.
Sognavano i miei pazienti giunti alla fine della vita dopo la sedazione profonda accompagnata dalla somministrazione di analgesici? Erano capaci di sentire la mia presenza, le mie dita sulla carotide per cogliere i primi segni dell’aritmia finale? O di captare il dolore dei familiari che ne scrutavano il sonno senza ritorno?
A me bastava sapere che, se si fossero risvegliati per un attimo, mi avrebbero guardato con gli occhi di un tempo, prima della malattia e dell’agonia, e mi avrebbero mormorato…Grazie dottore non sento male e non devo urlare la mia sofferenza…deve essere l’effetto dell’Oki…
Sono sicurissimo che un uomo in coma avverta i sentimenti di chi si muove vicino al suo letto, di chi gli accarezza la mano senza pronunciare parole umane, di chi piange ricordando un’epoca felice scomparsa sepolta nell’angoscia dell’impotenza…che riconosca le voci e apprenda i nomi e memorizzi i volti dei nipoti nati dopo la sua discesa nel sonno, che vedono il suo corpo estraneo abbandonato su un letto bianco…
Per questo mi ha ferito l’insensibilità di una magistrata…la Crusca ha detto che si devono mettere al femminile le professioni un tempo solo maschili e oggi esercitate anche dalle donne…ma allora Patrizia e’ avvocata, Monica e’ una medica, Marina e’ ingegnera…dicevo di una magistrata che ha negato all’ex deputato Cosentino, condannato a sette anni di carcere per concorso esterno in associazione camorristica, il permesso di visitare la madre costretta a letto dall’Alzheimer. L’ineffabile magistrata, in un italiano passibile del 41 bis, e sconfinando arbitrariamente in campo medico, ha affermato che il permesso doveva essere negato perché la malata non era in grado di riconoscere il figlio e quindi la visita sarebbe stata inutile…dimenticando che forse la madre non avrebbe capito che gli stava davanti il figlio, ma certamente il figlio avrebbe riconosciuto la madre traendone conforto e riscoprendo la dignità di uomo spezzata dal regime carcerario.
In questa logica, sarebbe inutile, se non patetico, curarsi dei dementi o vegliare sui moribondi o sui malati terminali in coma…e si dovrebbe concludere che per millenni le nostre vecchie hanno solo perso tempo sedendo intorno al letto del marito in stato agonico…ma in che mondo orribile stiamo scivolando, se anche un magistrato manifesta una totale ignoranza dell’animo umano?

Morire, forse sognare.
E se in realtà la vita eterna non fosse altro che un lungo sonno, che si incontra oltre quella piccola barriera venata di rosso che sono le palpebre chiuse e che diventano buie in chi semplicemente dorme? Se il paradiso o l’inferno non fossero altro che rivivere in un sogno eterno le nostre gioie o i nostri tormenti, le nostre virtù o i nostri crimini, la nostra generosità o il nostro egoismo? Se il sogno eterno non fosse altro che un continuo, infinito e ininterrotto esame di coscienza…ognuno di fronte a se stesso, senza alibi, senza sotterfugi e astuzie meschine, senza giustificazioni di comodo…ognuno a confronto diretto in una lotta senza fine con i propri demoni…con un Dio giudice immoto nel creato, deciso a lasciare la propria creatura alle prese, finalmente, con ciò che ha permesso il libero arbitrio, la libertà di agire e di vivere la propria esistenza?
Un sonno che vive nel sogno, nella visione crepuscolare del nostro tempo ormai privo di significato, di un presente eterno che vive anche un futuro che non ci appartiene, ma senza dimenticare la bellezza, la dolcezza degli anni trascorsi e con essi degli affetti che hanno accompagnato i nostri giorni…ecco, forse questo sarebbe bello da vivere oltre e con la morte…e allora, avremmo meno paura e la perdita dei nostri cari, il volo ultimo del nostro fratello che ci lascia, sarebbero meno crudeli…più accettabili nell’ansia che ci stritola di fronte alla frontiera con l’infinito sconosciuto.

Tonino Serra

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