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La Faccia oscura della Luna.

 Battistina

Battistina vide il  baluginare del fanale del  tram che si allontanava
lentamente nella nebbia, sferragliando nella Città immersa nel primo gelo
autunnale.
Aveva appena stretto a se' con tenerezza il nipotino e gli aveva accarezzato il
viso prima di accompagnarlo al portone della scuola,  che si apriva nella corte
di un palazzo della vecchia Milano manzoniana, fatta  di angoli appartati e
silenziosi, di muri spessi e di piante che si levavano  in alto in cerca di un
sole pallido.
Mancavano dieci minuti all'arrivo del tram che l'avrebbe riportata a casa, e
Battistina faceva scivolare lo sguardo tutto intorno, stringendosi  nel cappotto
scuro per difendersi dalle folate di vento, che ogni tanto facevano mulinare per
un attimo la coltre  di nebbia.
La foschia sfumava i contorni  dei palazzi e li faceva scomparire a mezza
altezza, come alberi spezzati dalla bufera, e dilatava i confini della città
verso le paludi vicine e i boschi silenziosi.
Come erano lontani gli anni in cui era vissuta nel suo paese natale, raccolto
sotto le torri antiche di pietra raddolcite dalle  querce possenti e affacciato
sulla vallata verde, ampia, che respirava il profumo dell'elicriso  e del timo,
e di mille arbusti rigogliosi nelle gore.
Battistina aveva lasciato Ierzu che non aveva ancora trent'anni.
Era partita dalla stazione di Nuragi  fuggendo dalla povertà e dal destino
triste di vedova di guerra. Pochi giorni prima il sindaco accompagnato da un
carabiniere si era avvicinato alla sua casa, vicino al burrone di Regaliu, e lei
capì subito che il suo Angelino non sarebbe più tornato dalla guerra, che si
combatteva oltre il mare contro gli Austriaci.
Diede un grido e si accascio'  sul gradino di pietra vicino all'uscio. Le
dissero poi che Angelino era caduto sul campo…come se fosse caduto su un prato
rincorrendo nella foga giovanile il suo cane fedele che, impazzito dalla gioia,
fuggiva con mille finte incalzato dal padrone che giocava ad acchiapparlo.
Angelino era stato semplicemente colpito da una granata che gli aveva portato
via una gamba ed era morto dissanguato in pochi minuti, prima di avvertire il
dolore, senza rendersi conto che non sarebbe più tornato a casa e mai più
avrebbe visto la giovane sposa. 
Battistina abbandono ' il villaggio dove era sempre vissuta accogliendo l'invito
del fratello Cesare, carabiniere a Milano. E li' visse gli ultimi giorni  della
Grande guerra, che le aveva ucciso il marito pochi mesi prima che quella strage
inutile finisse.
La Città lombarda era allora piena di prigionieri di guerra impiegati nelle
opere civili, come anche a Ierzu, dove costruirono la Cantina sociale di
Battistino Corona; e tra quei prigionieri, Battistina conobbe Ulderico Saska, un
giovane salumiere boemo dagli occhi chiari e il viso allegro.
Fu un matrimonio di affetto, allietato dalla nascita di due figli, Gianni e
Cesare; e verso il 1930 tutti insieme lasciarono l'Italia per tornare a Praga,
città natale di Ulderico.
Furono anni felici, dopo tanta sofferenza. E capitava raramente che Battistina
provasse nostalgia per il paese lontano sotto i monti…come per Natale, quando
sentiva un nodo alla gola e un pianto silenzioso le stringeva il cuore al
ricordo dei canti sotto le volte della chiesa di sant'Elmo odorose di candele
accese negli altari nascosti.
Una vita serena, spezzata dallo scoppio della guerra con cui la follia nazista
pensava di assoggettare il mondo conosciuto. La terra di Ulderico fu invasa e 
messa a ferro e a fuoco…un'altra guerra feroce, che ingoiava come un mostruoso
Moloch quanto era stato faticosamente ricostruito dopo la Grande guerra di venti
anni prima.
Dopo l'otto settembre Praga si riempì di soldati italiani, ormai diventati
nemici agli occhi degli antichi alleati tedeschi, che li cacciavano con
determinazione vendicativa.
Battistina se ne trovo' tre in casa, ragazzi in grigioverde spauriti e affamati,
che avevano perso i contatti col loro  comando; e li nascose in una stanza
segreta separata dal salone da un muro posticcio. E non tremo' quando una
mattina all'alba gli piombarono in casa le SS guidate da un giovane ufficiale
deciso a mettere sottosopra la casa dove erano stati segnalati soldati nemici.
Battistina rispose a muso duro al giovane nazista, poi gli si avventò contro
facendogli volare il cappello col lugubre stemma del teschio sull'alta visiera.
Rischio' di essere fucilata, poi la soldataglia infuriata lasciò la casa senza
cercare oltre.
Fini'  la guerra, con popolazioni intere maciullate dalla ferocia e il popolo
ebraico annientato dalla bufera apocalittica. E con la cortina di ferro, che
calo' sull'Europa orientale, isolandola dal mondo libero.
Nella Cecoslovacchia comunista Battistina visse anni di relativa tranquillità.
Trovo' impiego in una grande biblioteca cittadina, e li', come "zia Maria", la
conobbe lo scrittore Peppino Fiori quando negli anni Sessanta visito' Praga per
documentarsi sui fuoriusciti comunisti implicati in atti criminosi  di natura
non politica, commessi dopo il 1945.
Battistina era una bibliotecaria rispettata e ligia al Partito. Era capace di
mettere a disposizione dei lettori opere  difficilmente reperibili, se non
proibite dal regime. Ma quando, pochi  anni dopo, il giornalista torno' a Praga,
non trovo' più traccia della donna e nessuno volle dargli alcuna spiegazione
sulla sua scomparsa.
In effetti, non era prudente parlare di Battistina, che durante un breve ritorno
in Italia, aveva ottenuto asilo politico, diventando per il suo paese adottivo
una traditrice.
Era stata astuta, Battistina. Tornata a Ierzu verso il 1960, aveva interpretato
perfettamente la parte della comunista, tanto che ogni giorno doveva lasciare la
casa dei suoi parenti di sa Canna e  presentarsi in caserma a firmare, come un
agente provocatore esponente di uno stato nemico. E invece era una messinscena
che le servi' per tornare senza ostacoli in Italia e ottenere asilo con la
famiglia.
Quella mattina, in mezzo alla nebbia, Battistina si era persa nei suoi ricordi.
Si sentiva stordita…sto invecchiando, penso', e sorrise tra se' e se', come
per scacciare ogni tristezza. Vide il tram avvicinarsi lentamente scivolando sui
binari addormentati sotto la nebbia. Attraverso' la strada e si giro' appena
quando senti' alle sue spalle una vettura che cerco' disperatamente di frenare.
Battistina non ebbe il tempo di aver paura.

 

Tonino Serra