Radio Alter on the Road Communications prosegue a viaggiare nel mondo della consolle dei dj più rinomati dell’isola. Riscrivere alcuni momenti di questa parte storica significa anche capire chi siamo adesso e dove ci stiamo dirigendo. Un vecchio detto indiano affermava che se ci si perde, per ritrovarsi basta guardare chi eravamo nel passato per ritrovare noi stessi nel presente. Ricostruire la nostra storia con i protagonisti di questa percorso musicale vuol dire prendere coscienza della nostra crescita ed evoluzione. Noi siamo quello che abbiamo perso e che abbiamo conquistato. Qualcuno afferma anche che per vincere un qualcosa dobbiamo anche perdere dell’altro. E questa Sardegna cosa ha perso e guadagnato nella sua crescita musicale? Incontrare Dario Prefumo è per noi anche guardare verso il futuro.

 

Quando è nato il tuo incontro con la musica?

La mia storia musicale è nata dalla passione. Da piccolo ascoltavo Genesis, Pink Floyd, Jimmy Bo Horne, James Brown, ecc. perché venivano a casa tanti amici con i loro dischi e li ascoltavamo. Anche i miei genitori possedevano tanti 45 giri e perciò sono stato circondato dalla musica fin da bambino, da Mina a Renato Carosone, ecc. Purtroppo tutti quei dischi sono “scomparsi” perché non capivamo forse il valore. I miei genitori quando viaggiavano rientravano portandosi dietro tanti dischi.

Come ti sei avvicinato al mondo dei dj?

Mi piaceva molto la musica. La musica o la hai nel sangue o non giunge così. Tutto è iniziato con le feste in casa tra amici.

Che anni erano?

All’incirca nel 1976 o ’75.

Come era la Cagliari dell’epoca?

Era una Cagliari bella e gioiosa perché ci divertivamo con poco. Quando qualcuno organizzava una festa in casa nella terrazza a maggio, per noi ragazzi era un evento fantastico. Vi era una grande partecipazione da parte di tutti e ognuno di noi portava un qualcosa per attrezzare al meglio il luogo. C’era chi portava i dischi, chi l’impianto, ecc.

Era importante la partecipazione associativa.

Esatto. Una cooperazione.

Oggi è cambiato?

Oggi è più globalizzato e più superficiale, nel senso che prima da parte di tutti la partecipazione era unitaria, attiva e compatta. Ognuno di noi invitava colui che volevi ci fosse alla festa, incluso la ragazza che volevi conoscere cercando di coinvolgere qualcuno per farla invitare. C’era un forte interesse in prima persona. Poi dopo la riuscita della festa, che tutto era andato bene, la soddisfazione era lo scopo e il fine.

Cosa si ballava?

Abbiamo ballato sia il rock, sia James Brown, un po’ di tutto.

All’epoca si ballavano anche i lenti?

Si e nel 1975 si poteva ascoltare contemporaneamente “Gimme Some” di Jimmy Bo Horne , un pezzo americano coinvolgente come Hamilton Bohannon in “Disco Stomp” e “Foot Stomping Music”, due hit dove si imparava a ballare, perché nel 45 giri c’erano anche le direttive del come ballare il brano. Erano dei pezzi americani, ma ancora non eravamo al boom delle discoteche che vennero dopo con la “Febbre del sabato sera”. C’erano i clubs. Io abitavo in via Zagabria a Cagliari nel quartiere Genneruxi, e ricordo che c’era “il Quarto Mondo” e il “PGamma”. Io non ci potevo entrare perché minorenne, ma ci riuscii tramite una mia amica che mostrava più di tredici anni. Si capiva che i clubs erano l’avvio al mondo delle discoteche. In seguito conobbi Filippo Lantini, non personalmente all’epoca, quando organizzavano le feste la domenica in un salone dei parrucchieri in via Francoforte a Genneruxi e giungevano tantissime persone, ma non facevano entrare tutti, c’era una selezione. Io, sempre con questa amica, sopracitata riuscivamo ad entrare.

Possiamo nominarla questa tua amica?

Si, un’amica di vecchia data, Daniela.

Daniela l’apriporta al ballo.

Si un apriporta. Eravamo molto amici perché lei abitava al piano sopra il mio. Con lei riuscivamo ad entrare alle feste e le feste più belle erano quelle dove era dj Filippo Lantini.

Avere un concetto di “bella festa” cosa significava?

Significava che tutti ballavano, si divertivano con entusiasmo e allegria.

C’era un’idea estetica del ballo? Nei gruppi tribali africani, ad esempio, il ballerino e il percussionista che eccelle sono coloro che meritano la stima del gruppo e delle donne.

Si effettivamente qualcuno c’era e questo discorso della disinvoltura nel ballo aveva un suo valore.

Le ragazze perciò ammiravano i ballerini. E oggi?

Adesso si è un poco persa la cultura del ballo. Tutto è scemato. Sembra che frequentare le discoteca oggi sia più fare una presenza che per il ballo in sé. Non conosco l’ambiente dei ragazzini e dei più giovani, ma quelli più grandi si. Ho notato che con il discorso degli spazi “privée” , spazi privati riservati, dell’interesse discoteca/ballo è rimasto ben poco. La pista aperta a tutti prima accomunava, mentre adesso si balla ognuno nel proprio spazio riservato. Anche questo è un modo di apparire. Prima invece ballavi in mezzo a tutti.

Come sei diventato un DJ?

Con un amico, Roberto Barrago, iniziammo a frequentare le serate del Lido il pomeriggio nel 1979, dove era dj Filippo Lantini. Filippo Lantini è stato colui che mi ha ispirato, “fulminato”. Nel 1978 riuscii ad entrare al Lido durante la serata notturna con mio fratello maggiore, che aveva iniziato anch’egli a cimentarsi nel fare il dj, ma non proseguì nella carriera, e lì ascoltai e vidi per la prima volta Filippo Lantini. Per me una serata notturna nel 1978 al Lido fu un evento fantastico. Mi colpì la musica, le luci, l’ambiente. Per la prima volta vidi l’ambiente di una vera discoteca. Fu in quel momento che decisi di diventare un dj. Mi piace la figura del dj che propone e Filippo era una di quelle figure che proponeva musica nuova. Secondo il mio punto di vista a Cagliari Filippo Lantini è stato il dj che ha lasciato un percorso, una storia ed una traccia di sé, proprio perché con la sua personalità e gusto ha proposto e ricercato musica nuova. Ha sempre visto più avanti di tutti. Andavo soprattutto alle sue serate proprio per i suoi gusti e scelte musicali.

Quando comprasti i tuoi “primi piatti”?

Sul finire del 1980 acquistai i primi piatti. Iniziai a lavorare al Lido dopo che Filippo se ne andò al piano di sopra per “Rockhouse”. Subentrai come dj per la discoteca nel 1981. Per opera delle feste in casa e altro avevo anche già acquisito una mia esperienza.

Come iniziasti al Lido? Chi ti presentò? Che rapporto stabilivate dj ed imprenditore?

Filippo Lantini andandosene lasciava un grande vuoto. C’era Fabrizio Minozzi che lavorava con lui e non so perché riuscii ad entrare a lavorare il sabato notte attraverso degli organizzatori che probabilmente mi avevano ascoltato in qualche posto.

La figura dell’organizzatore è importante

Si, ma fui poi licenziato da un organizzatore, Luciano Congiu, con il quale dopo invece ci lavorai venti anni. Ero un giovane esuberante e presuntuoso all’epoca. Essendo un “fankysta” agguerrito ancora non mi rendevo conto che dovevo dare spazio anche ad altri generi per soddisfare tutti i gusti del pubblico presente. Non si poteva pretendere che usciti dieci nuovi pezzi fanky le persone li ballassero al primo ascolto. Bisognava farli accettare gradatamente.

Il DJ è un pilota? Deve sapere pilotare la pista?

Si e deve avere gli occhi nella pista.

Cosa significa “avere gli occhi nella pista”?

Devi stare attento a che ti seguano. Devi creare un filo conduttore tra te e le persone. Deve stabilirsi un feeling.

Come ti accorgi di ciò?

Te ne accorgi dal coinvolgimento al ballo delle persone presenti. Lo vedi da come ballano e le soddisfazioni poi arrivano quando proponi le tue selezioni. Se c’è qualcosa di nuovo e lo trasmetti, de in seguito lo trasmettono anche gli altri, hai raggiunto un tuo obiettivo. Molto tempo fa c’era una netta differenza. Ognuno di noi aveva una “sua musica”, definiamo così il concetto, una propria linea musicale. Ogni dj aveva le sue chart, ma c’era quello che metteva più dance, chi funky, ecc. Io preferivo la black music, il funky, e ho proseguito per questa strada. Inoltre si formavano i gruppi di persone che ti seguivano, perciò ogni dj aveva anche un proprio seguito e ci si riconosceva in quel genere musicale.

Stesso fenomeno che accadeva a Londra, Parigi e New York. Ogni discoteca aveva un proprio genere e carattere distintivo. E poi in quel periodo il dj la musica la toccava , no? C’era l’analogico.

C’era il vinile. Avevo una bellissima collezione di vinili che oggi custodisco gelosamente come fanno anche tutti i miei colleghi.

Poi arrivano gli anni novanta. Si va verso la digitalizzazione e il cd. Cosa cambia?

Durante gli anni ’90 ci sono state introduzioni di più generi. A fine anni del 1980 è esplosa la house music.

Che cosa è questa “House Music”?

La House Music è stata una miscela di elettronica con musica disco insieme. Viene così a mancare il discorso di studio di registrazione per un brano. House music perché? Perché alla fine la producevano anche i dj, perciò in versione studio leggero

Fatta in casa?

Si. Si relazionava a quel discorso. Una musica che già passava per le mani dei dj.

Perciò c’è stato il passaggio dall’elettronica anni ottanta tipo Depeche Mode a musica elaborata in modo elettronico in casa dai dj? Il dj lavora in casa con questa musica?

Non tutti. C’erano anche molti gruppi in quegli anni. I gruppi che registravano in studio per produrre un certo lavoro impiegavano un bel po’ di tempo. Tutti i suoni venivano perfettamente livellati . Il mixaggio richiedeva un certo impegno e tempo. Infatti se si ascoltano certi dischi americani ci si rende conto del tipo di registrazione e suono diverso. Noti una differenza da quella americana a quella italiana che non possedeva le strumentazioni a stelle e strisce.  

Infatti esiste anche una memoria del suono e delle sonorità

Si e ti dirò che esiste anche una memoria olfattiva. Mi ricordo che quando compravo dischi americani, questi avevano un odore inconfondibile.

Per il materiale che usavano?

Si. Si apriva il cellophan e l’odor di quei dischi era unico. Comunque ritorniamo al 1981 a quando venni licenziato.

Ah si il licenziamento!

Licenziamento in tronco!

Licenziamento da Luciano!

Da Luciano si che poi rincontrai nell’autunno dello stesso anno con l’organizzatore Sese Sanna alla discoteca “Villarosa”.

E il Villarosa dove stava?

A Sarroch. Mi chiamò Sese Sanna per lavorare al Villarosa e coinvolse anche Luciano. Mettemmo da parte le incomprensioni ed iniziammo un percorso che è durato venti anni.

Mettesti da parte l’esuberanza giovanile?

Si, l’esperienza insegna. Si apriva la strada verso la professionalità con le stagioni intere. La carriera prendeva definitivamente il suo avvio.

Poi c’è stato il cambio dall’analogico al digitale?

Per tutti gli anni novanta siamo riusciti a tenere il vinile. Ho lavorato sempre con il vinile anche nei primi anni in cui s affermava il supporto digitale. Portavo tutti e due al lavoro. All’incirca dal 2004 e 2005 si è iniziato a vedere in giro per lo più il digitale. Perciò uso del lettore cd e delle tracce.

Come cambia il suono?

Dipende da cosa si vuole dal suono.

Pensiamo a queste generazioni cresciute con una memoria sonora del digitale e non hanno una controparte per sentire altri tipo di suono. Chi cresce in un conservatorio o altri ambienti sonori ha una possibilità di ascolto di più timbriche del suono. Un ragazzino che cresce con sonorità di file compressi non ha la ricezione di altre memorie sonore. Non ha termini di confronto.

Certo. Non può avere un background che ognuno di noi invece ha per esperienza e che ha toccato per man una sonorità e poi l’altra.

Ecco perché penso alla recezione dei suoni oggi dei ragazzi in discoteca

Si non hanno termini di paragone. Il disco oggi se prendiamo quelli attuali ti affermo una certa differenza. Ho voluto fare un confronto con un amico che si è comprato il vinile “Dark Side of the Moon” dei Pink Floyd nuova registrazione rimasterizzata col mio vecchio originale vinile e li abbiamo messi tutti e due sul giradischi.

C’è una differenza?

C’è una differenza abissale. Nonostante il mio vinile avesse i suoi difetti e qualche fruscio il suo presentava un suono più piatto.

Certo con più filtri certe frequenze vengono eliminate e rendono il suono più “asettico”.

Anche nella stereofonia accade la stessa cosa. Per esempio, ho delle registrazioni di un paio di serate al Lido di Filippo Lantini del 1979 …

Hai un archivio da rubare …

Ne ho data qualcuna anche a lui perché qualche cassetta l’ho conservata e stranamente si diceva che le cassette si sarebbero degradate nel suono e che il digitale le avrebbe surclassate. Se ascolto l’audio di quella cassetta del 1979 oggi non si sente bene, ma benissimo.

Facciamone un cd!

L’ho fatto e già dato a Filippo. Sono registrazioni bellissime. Sono tracce storiche che si sentono benissimo. Riguardo il discorso dei cd, quando spesso mi ritrovo a lavorare con i cd, anche questi si rovinano. Perciò anche il cd si degrada.

Come è cambiata la timbrica è cambiata anche la velocità . La Techno Music …

È un genere che non amo molto. A parte due o tre brani non è tra i miei generi preferiti.

È un genere musicale che però ha un’influenza particolare sul sistema nervoso e cerebrale ed è stata creato appositamente per essere accompagnato anche con sostanze di sintesi chimica creando poi un certo mercato. Si passa dalla discoteca ad altri luoghi di incontro

Si i Rave erano luoghi di incontro della Techno Music.

Questo genere musicale ha influito su di voi e sul cambiamento?

Diciamo che si riusciva ancora ad avere spazio anche con altri generi musicali. Il dj è una figura che è sempre attenta ai nuovi generi e diciamo che si è sempre barcamenato. In Italia i discografici per lo meno filtravano. Non è che nei paesi dell’est o in Germania, Olanda ecc. le discoteche abbiano lasciato posto ai rave e alla techno. In Sardegna passavamo pezzi house belli, Hip hop americani, ecc. Tutto sommato, ripeto che gli anni novanta sono stati begli anni perché potevi attingere da più generi. C’era la dance italiana come negli anni ottanta e c’era chi metteva la più commerciale, ecc.

E adesso siamo ai tempi del Regaetton. Perché c’è questa avversità verso il Regaetton?

Credo per la povertà del mercato discografico. È chiaro che la crisi c’è da diversi anni.

Dal mio punto di vista, come persona che studia la batteria , il Regaetton è visto come un ritmo, voi dj lo vedete da un altro punto di vista?

Il Regaetton non è il genere che preferisco. Posso orecchiare personalmente due o tre pezzi e poi basta.

Però lo ballano

I brani sono quasi tutti uguali. Lo stesso modo di cantare “mi amor”, “mi corazón”, ecc. Ma quanta melodia c’è? Troppo ripetitivi e monotematici. Qualche arrangiamento c’è, perché ti faccio l’esempio di Eros Ramazzotti e Luis Fonsi con l’ultimo brano.

Però il dj deve fare ballare o no? E il Regaetton fa ballare

Si il Regaetton fa ballare

Qui faccio la provocatrice perché voglio capire il fenomeno

Si fa ballare, ma i più giovani perché le serate dove ci sono i ragazzini di venti e venti cinque anni non ne faccio. Se mi capita la serata notturna ho sempre un pubblico più adulto.

Gli adulti lo ballano il Regaetton?

Si ti chiedono anche i brani regaetton, perché ci sono le mamme o le ragazze che lo richiedono. La nostra cultura sonora e radiofonica ci influenza e quindi ciò gli viene proposto viene recepito come il ballo del momento.

Posso affermare che la cultura musicale si è livellata. Eppure c’è tanta bellissima musica latino americana

Più che livellata non è cresciuta. Qui ci sono stati vari tentativi con discorsi musicali monotematici, ad esempio la serata House, ma poi ti ritrovi un altro tipo di clientela, e alla lunga non hanno funzionato benissimo. Ma così c’è il rischi di ghettizzare genere ed ambiente. Non siamo riusciti a diventare musicalmente una metropoli anche se per certi anni siamo riusciti ad avere in discoteca più generi.

Un fenomeno molto interessante

Si infatti ancora oggi cerco, partendo dal presupposto che una serata partendo solo con brani di questo anno non la possiamo fare, perché sono talmente pochi che …

Oppure sono tutti uguali come il regaetton

Esatto. Prima, invece, come negli anni novanta e i primi anni 2000, la bellezza era quella di brani di più generi musicali. C’erano tante realtà musicali e si poteva attingere da molte. Iniziavo leggermente dall’Hip hop per giungere al top con l’house e pezzi commerciali, intercalati con qualcosa di musica tribale, per strutturare una serata completa.

Cosa è accaduto rispetto ad oggi?

Intanto la maggior parte delle discoteche più grandi hanno chiuso. La cultura della grande discoteca è scomparsa. Ci sono sempre le discoteche, ma anche più locali. Però musicalmente parlando il problema sono le produzioni che si sono sempre più accentrate nelle mani dei dj che dei musicisti. E questo conta molto.

Cerchiamo di capire ciò. Cosa significa la presenza di questi Producers nelle scene musicali?

Ti faccio un esempio, ma non voglio essere qui un nostalgico.

Non è un problema di nostalgia stiamo conversando sull’evoluzione di fenomeni musicali. La loro storia.

Parliamo, ad esempio, dei gruppi musicali. Prima hai menzionato i Depeche Mode come band di musicisti. Questi creavano un brano che poi un dj producer poteva remixare per farne una versione disco. Oggi ci sono sempre meno gruppi e più “ dj producers”. Questi non hanno tutte le competenze musicali di un musicista. Ce ne può essere qualcuno, ma non sono musicisti. Nelle musiche degli anni settanta e ottanta, Barry White e James Brown avevano orchestre e musicisti come Maceo Parker da brividi.

Il dj producer in definitiva cosa fa?

Il dj producer ha in mano oggi la tecnologia e perciò i suoni sono quelli elettronici. È uno abituato a sentire e manipolare quei suoni elettronici. Io sono per la tecnologia, ma che venga utilizzata bene. Le melodie nelle canzoni non le puoi cancellare. Non si possono creare brani tutti freddi e piatti. Forse oggi non ha più suscitato interesse quel mercato disco e per i gruppi e perciò è nato questo fenomeno orientato verso l’elettronica dei dj producers.

Oggi sono considerati le nuove stars

Ci sono anche delle musiche molto belle come quelle di Martin Garrix e Avicii che hanno lasciato un segno e delle melodie. Per ciò che concerne altri se cerchi di ricordarti un loro brano non lo si può canticchiare, non c’è melodia. Sono differenze che hanno un valore fondamentale.

Dopo il rievocare la storia di questa Cagliari musicale che ha fatto crescere la città …

C’erano anche altri colleghi sia prima di me che contemporanei molto bravi …

Chi ricordi?

Zeno Pisu, Fabrizio Mereu. Zeno si avvicinava molto al genere musicale di Filippo Lantini. Proponeva molto. Poi ancora Ugo Berrita al Trocadero e Luca Pescarolo all’Eurogarden, ed ancora Gabriele Pinna e Fabio Lombardo.

Ha continuato a fare il dj?

Si lui è ancora un dj. Agli inizi degli anni ottanta si è trasferito nel nord Sardegna e opera lì. Ha portato con sé la cultura della musica. Ancora oggi è un signor dj bravissimo. Qui a Cagliari ricordo che lavorava sia in radio che in discoteca. Lavorava al “Foxtrot” una discoteca al Margine Rosso. C’era Sandro Murru già affermato all’epoca, e Filippo Lantini che ha fatto la storia.

Ma secondo te chi è stato il primo dj in assoluto della storia tra voi dj?

Vittorio Podda, “Marina”, che fu colui che inaugurò il Kilton di Assemini nel 1979. Si entrò lui prima di Sandro Murru.   Io ricordo anche un altro dj “Verter”, ma non sono sicuro chi iniziò tra i primi, e probabilmente aveva anche lavorato al Charlie di Cagliari. Verter credo fu uno annoverato tra i pionieri del missaggio. Però devi tenere presente che questa è la mia memoria dato che ero più piccolo. Inoltre ricordo Marco Falchi del Lipstick e aveva inaugurato il Villarosa e ci lavorò un anno intero nel 1978/79. Ricordo di Marco Falchi la tecnica perfetta. Eravamo vicini di casa e alle sue fese la sua musica era molto interessante.

Fino adesso abbiamo fatto una bella conversazione parlando della musica, ma è la musica effettivamente? Che valore ha la musica nell’uomo?

Tutto! La mia vita è accompagnata dalla musica. Quando guido andando al lavoro in auto c’è musica, in ogni momento per me è indispensabile.

Secondo te perché l’uomo ha creato la musica? Da che cosa è nata la musica? Un dj si è mai chiesto del perché adoperi questa materia sonora?

È un qualcosa che possiamo definire che la musica è una magia. Ti fa sognare, ti trasporta nelle emozioni, viaggi con la mente, è emozione. Poi dipende anche da che tipo di musica che può farti rilassare, può farti ballare, ecc. La musica è un insieme di emozioni varie che solo lei ti può dare.

C’è un sogno di Dario Prefumo?

Sarei troppo nostalgico nell’affermare che ritornerei all’atmosfera di qualche anno fa, non per l’età, ma per il discorso musicale e per la cultura della discoteca quando il ballare aveva un suo primato con la comunicazione e incontrarsi per socializzare era umanamente importante.

Una domanda che rivolgo a tutti. Arriva un’astronave. Ci sono gli alieni. Devi spiegargli che cosa fate voi dj e perché fate questo lavoro

Gli proporrei direttamente il linguaggio musicale. Prendo dei vinili e glieli faccio ascoltare.

Cosa gli proporresti all’ascolto?

Per il mio gusto personale gli proporrei la black music.

In particolare un brano?

“Wild Cherry play that funky music” e tanti altri.

Oggi trasmetti I tuoi saperi professionali e la tua esperienza ai tuoi amici, figli o nipoti? O pensi che debba nascere una scuola di dj a Cagliari?

Non so come si possa intendere una scuola di dj oggi. Oggi i ragazzi hanno tutto. La tecnologia gli permette tante opportunità. Per il discorso missaggio è super facilitato con tasto che ti permette ciò, mandi in sequenza i brani e ti fa tutto. Per questo motivo la figura del dj si è impoverita per questi motivi. Per esserci una scuola bisognerebbe studiare la storia della musica e ascoltare tutta la musica precedente. L’ABC della storia della musica della disco. Per ciò che riguarda poi a chi lascerò un qualcosa, lascerò i dischi a mio figlio.

Spero che gli insegnerai anche a fare il dj

Oggi preferisco che segua altro perché visto come sono cambiati i tempi, anche se qui in Sardegna dopo che arrivi ad un certo livello più di un tanto non si può andare oltre. Bisogna andare oltremare per continuare una ascesa per la carriera. Comunque anche qui nell’isola ci si è fatti una discreta carriera. Ognuno di noi ha girato in tantissimi locali, possiamo fare i nomi della storia di questi dove ho lavorato io e molti dei miei colleghi: Lido di Cagliari, Villarosa di Sarroch, Charlie, New Magical di Decimomannu, Kilton di Assemini, Kilton2, Capo Blu, Cormorano (Porto Massimo), Aquilone, Soul Kitchen, Zero, Fuori Luna, Budda Beach, Acquarium, Altura, Cocodrile, Sa Launedda, ecc.

C’era tra voi dj un certo agonismo, così come succede tra gli atleti?

No competizione no. Mi piaceva molto invece, quando partivo a Roma e Milano, comprare i dischi, perché in Sardegna arrivavano dopo. Così la sera andavo nelle discoteche per sentire il lavoro dei vari dj della penisola, non per copiare ma per un confronto e per una mia riproposta creativa in Sardegna. Avevo dei miei programmi di creatività sonora e di selezione musicale.

Hai mai avuto un rapporto con la Radio?

Affermo di essere”allergico” ai microfoni. Nel 1981 ho lavorato per un paio di mesi a Ciack Music una radio nei pressi della facoltà di Lettere a Cagliari per un programma musicale. Era un programma pop rock pomeridiano che andava in onda dalle sedici alle diciassette che conducevo con un amico. Mandavamo in onda i Pretenders, i B52, ecc. e verso gli ultimi venti minuti il tempo era dedicato al mio missaggio. In pratica io curavo le selezioni. Un fatto che oggi ricordo con simpatia è che smisi di lavorare in radio proprio quando accadde un incidente in diretta. Saltò il vinile e non ricordo per quale motivo, ma dimenticandoci che lasciammo i microfoni aperti, gli ascoltatori sentirono tutto il nostro diverbio sull’accaduto. Non ci rivolgemmo l’uno all’altro certo con toni soffusi e ti lascio immaginare la figuraccia. Ancora oggi con questo amico quando ci incontriamo ridiamo a crepapelle, tanto da lacrimare. Poi ormai ero impegnato con la discoteca e mi piaceva il riscontro diretto con la gente perciò abbandonai la radio. Per me l’emozione ed il riscontro diretto musica pubblico è sempre importante, situazione che la radio non ti può dare. Mentre un periodo dal 1999 al 2006 ho fatto un programma di House Music a Radio Sintony che si chiamava “Area51”.

Perché questa denominazione? Visto che abbiamo parlato di alieni

Perché in quel periodo trasmettevo dei brani house molto americani, molto “alieni” , una “deep house” cantata che non tutte le radio locali trasmettevano. È stata una bella esperienza.

L’ultima domanda che ti pongo è se sei cosciente che avete lasciato una traccia di questa Cagliari musicale?

Si perché ancora oggi incontri tante persone che rievocano momenti e vissuti in discoteca. Spesso si viene chiamati come dj in qualche festa privata proprio per ricordare certi momenti vissuti con le mie selezioni musicali.

Oggi sembra che ci sia in Europa una rinascita delle discoteche e dei locali da ballo. Così mi appare la scena di Barcellona in Catalunya

Ho suonato a Barcellona. Ho suonato con Andrea Loche un collega.

Dove avete suonato?

Abbiamo suonato in un Budda Restaurant, nonostante il circuito sia chiuso ai dj francesi e spagnoli, sotto invito di un amico tour operator nel 2009. È stata una bella esperienza. Già sul finire degli anni ottanta avevo visitato delle bellissime discoteche a Barcellona che mi sono sempre piaciute.

Io in quegli anni frequentavo lo “Studio 54” di Barcellona.

E c’era anche l’”Otto Zutz”, situato su un edificio a tre piani che mi piaceva perché l’impianto era fantastico, e poi per le selezioni musicali ottimali da metropoli.

Cagliari è provinciale?

Secondo me Cagliari è rimasta una città provinciale.

E musicalmente?

Oggi non saprei che direzione si stia prendendo. Personalmente oggi le serate che io sto facendo sono un mix tra revival e l’attualità. Oggi il mercato è particolare.

Perciò aspettiamo musica migliore?

Sarebbe bello.

Grazie

 

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