Radio Alter on the Road Communications ha voluto conversare con l’artista Adele Grandulli, non solo una splendida voce, ma anche pittrice e donna impegnata nel mondo artistico a livello di ricerca e di espressione dei linguaggi. La scelta dell’arte è la sua vita, il suo impegno e fatica esistenziale. Una donna che affronta le avversità quotidiane con sensibilità e dedizione nel mondo attuale musicale contemporaneo.

Adele quando avvenne il tuo primo incontro con la musica?

Accadde quando ero molto piccola. Avevo sette anni. Iniziai come tutti bambini con le canzoncine. Poi scrivevo, ma chiaramente in stile “cartone animati”, però già da allora la musica faceva parte di me. In seguito durante l’adolescenza ho acquisito più consapevolezza con l’arte musicale e da lì ha sempre fatto parte in modo naturale del mio essere. Cantare, scrivere e dipingere sono state arti sempre insite nella mia persona e nella mia essenza. Fanno parte del mio essere da sempre.

Che cosa trovi di diverso tra l’esprimerti con la pittura e con la musica posto che sono dei linguaggi importanti nell’ambito delle frequenze dove colori e  suoni si esprimono attraverso esse stesse? Cosa cogli in questi due arti?

Queste due arti per me non sono solo un linguaggio. Sono espressione del mio intimo e un modo per affrontare le difficoltà. Questo punto di vista della pittura e della musica mi ha permesso di affrontare le avversità iniziali che incontravo nel quotidiano. Riuscire a fare musica e a dipingere mi ha aiutato oggi a sviluppare una gioia e una serenità interiore.

Oggi Adele Grandulli cosa vuole comunicare con la sua musica? Nel tuo bellissimo brano “A pugni con l’Amore” cosa hai voluto in particolare porre in evidenza posto che con l’Amore ci si dovrebbe dare delle carezze? Cosa ha significato scrivere questo brano e perché?

È nato in modo naturale ed istintivo, perché solitamente quando scrivo, è sempre un qualcosa che giunge in modo forte in un determinato momento e proprio in quel momento lo devo scrivere. “A pugni con l’Amore” è stato il risultato di un’esperienza, di un mio vissuto. È un brano che emotivamente mi avvince perché mi ha aiutato a capire ed intendere molte sfaccettature di un qualcosa della mia esperienza. È il risultato di una riflessione profonda.

Perciò c’è stato un dolore?

Si. C’è stato il vissuto di un dolore. Proprio per questa motivazione voglio ricollegare il discorso, a quanto detto prima, sulla funzione che la musica ha per me. Essa in questo caso, come ogni forma d’arte, è il risultato di un qualcosa di profondamente emotivo. Ritengo, in relazione a ciò, molto importante che un’ artista, e questo non sempre è facile, si spogli di tutti i suoi blocchi e limiti per potere fare fuoriuscire queste energie interiori per non farle implodere. L’arte assume la funzione di una catarsi.

È molto comune affermare che i cantanti rispetto agli strumentisti mettano a nudo nelle performances anche la loro anima. È come se il cantante si spogli dei suoi abiti esteriori per mettere a nudo la sua interiorità. Confermi questo punto di vista?

Si. Questo è vero. La relazione che il cantare stabilisce tra propria interiorità e l’esterno non è come suonare lo strumento con il quale si bypassano altre sensazioni. Il pubblico recepisce queste comunicazioni sensoriali ed emotive tra l’operato del cantante o dello strumentista. Sicuramente stabilire una relazione dialogico emotiva tra un musicista ed il pubblico è un impatto distinto. Sicuramente più diretto con una voce che canta. Cantare non è solo emettere una voce in modo intonato, ma significa superamento di blocchi interiori, e spesso anche traumi, e quando si riesce a fagocitare ciò la performance se ne avvalora.

Torniamo alla scrittura dei testi. I più bei testi di grandi artisti sono sempre nati da grandi dolori. È vero che esistono canzoni di gioia e spensieratezza, ne è l’esempio l’Inno alla Gioia di Beethoven, ma in generale c’è sempre un dolore dietro le più belle canzoni. Che cosa è per te la sofferenza? La sofferenza dell’artista o la sofferenza in se?

Non posso non dirti che la sofferenza è molto importante. La sofferenza è il risvolto della medaglia quello che ti fa capire a cosa devi dare valore. È grazie alla sofferenza che si comprende quanto un qualcosa ha importanza. Attraverso la sofferenza si compie inoltre un viaggio introspettivo, e in questo percorso impariamo a dare e a dosare il senso del valore di ciò. Da questo percorso di dolore impariamo ad apprezzare le cose più piccole e più semplici che poi sono le più grandi.

Ultimamente cosa stai scrivendo? Quali progetti stai portando avanti?

Adesso sto vivendo un periodo di transizione perché quello che voglio esprimere è assolutamente me stessa senza tenere conto delle strutture esteriori e di ciò che accade fuori. Ti faccio un esempio, ieri ho visto il film che ha interpretato Lady Gaga, dove uno dei contenuti importanti è che, se un’artista non ha niente da trasmettere o da dire, l’arte non ha alcuna funzione. L’atto artistico, una musica o una canzone, o altro, è il risultato di un’esperienza e non di quello che richiede un mercato di consumo. L’arte se trasmette un contenuto scaturito dal cuore, dal trasporto e dalla passione, in un qualche modo arriva al pubblico. Questo è un qualcosa che voglio ribadire per i giovani che si avvicinano alla musica, che solo i criteri esterni di mercato e le sue esigenze sono la prigione dell’arte. Faccio presente che è giusto andare al passo con i tempi, ma sempre con parsimonia e in modo attento da potere poi lasciare viva quella parte interiore dell’artista che gli permette di esprimersi e di essere se stesso, perché ognuno di noi è unico ed irripetibile. È importante rispettare se stessi nel bene e nel male anche sbagliando.

Qual è il sogno nel cassetto di Adele Grandulli? Un caro amico mi dice che i sogni vanno condivisi. Quali sogni ti piacerebbe condividere?

Il mio sogno nel cassetto non nascondo che è quello di realizzarmi a livello musicale, però quello che sogno di più di ogni altra cosa è di fare qualcosa che rimanga. Io sto cercando di creare, sto ricercando creativamente e se anche qualcosa non va tanto bene, o non va avanti o non raggiunge un successo di pubblico, voglio in ogni caso lasciare un qualcosa. È importante lasciare qualcosa. Non voglio andare via da questo mondo senza lasciare qualcosa di concreto. La nostra firma.

Come sei giunta a questo pensiero? Poco tempo fa conversando con amici stavamo rimarcando l’importanza del lasciare il corpo in questo pianeta, questo mondo, questa dimensione, in serenità e lasciando un buon ricordo. Non lasciare rabbia e rancore. Non si arriva a questo pensiero senza avere sofferto e meditato profondamente.

Sono giunta a questo pensiero per l’avere avuto sogni che sempre ti hanno imposto gli altri. Purtroppo all’esterno c’è un mondo che ti dice quello che devi sognare. Lentamente ho preso coscienza che erano gli altri che mi dicevano quello a cui dovevo ambire e quello che io devo sognare. Ma alla fine cosa è giusto? No quella conveniente, ma ciò che è giusto per me? Ciò che è giusto, a prescindere dal giudizio, dal mondo opinionista, dal business, è riuscire a produrre un qualcosa che sia frutto di tante emozioni e anche con la rabbia in certi casi, ma che sia una rabbia costruttiva, e incanalata in modo artistico.

Come la rabbia di Jimi Hendrix?

Si, come la rabbia di Jimi Hendrix. Un fattore giusto per me è che un artista o una persona, di qualsiasi estrazione sociale e mansione, in generale, debba lasciare qualcosa di sé . Questa secondo me è la realizzazione personale.

C’è una speranza per questi giovani cantanti, come te, in questa Sardegna che ancora non vuole “esplodere” in modo fertile nel dare una mano ai nostri artisti  in campo lavorativo e professionale?

La Sardegna è una terra con tanti artisti eccellenti. Forse perché siamo un po’ al di fuori dai sistemi di mercato nazionale che questa isola si conserva sia nelle tradizioni che nelle peculiarità. Però è anche vero che ciò è un’arma a doppio taglio, perché si rallentano quelle ramificazioni di contatti importanti e professionali. Sicuramente più fruibili in territorio nazionale. In ogni modo io sono molto fiduciosa da questo punto di vista. Lentamente stiamo assistendo a delle evoluzioni e cambiamenti dovuti anche all’ausilio della tecnologia che ci permette di farci conoscere in modo rapido . Un aspetto sicuramente positivo per la sua accessibilità a tutti.

Se dovessi dare un titolo a questa intervista , che titolo le daresti? Ad ogni intervistato chiedo sempre alla fine di auto titolarsi

Un titolo? Fai la scelta giusta per te. Una frase semplice, ma questo posso dire, di fare la scelta giusta per te rispettando la tua persona prima di ogni cosa.

 

 

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