INCONTRANDO GIGI CAMEDDA DEL PIANETA TAZENDA
Radio Alter on the Road Communications ha voluto viaggiare nel pianeta Tazenda. Mondo performativo alquanto apprezzato, fin dalla sua nascita trasmette messaggi e frequenze di spessore musicale ed artistico. Abbiamo incontrato Gigi Camedda, artista di profonda sensibilità, e conversato dalla postazione della sua astronave captando i messaggi lanciati verso noi terrestri. Dialogare con lui della musica del suo sistema solare non significa solo scoprire nuove rotte astrali, ma anche riflettere sulla nostra essenza planetaria ed il valore universale della creazione terrestre.
Tazenda, mi disse anni fa in un’intervista Andrea Parodi, è un nome che vi fu ispirato dalla lettura della trilogia di Isaac Asimov. Oggi gli studi affermano che le galassie si allontanano. I Tazenda perciò, facente parte di una galassia, si allontanerà anch’esso. Dove si sta dirigendo oggi la galassia Tazenda?
Le galassie si allontanano, vanno verso mete sconosciute. E non sappiamo, se dovessimo rendercene conto, a quale velocità ci muoviamo e ciò sembrerebbe impossibile. Intanto sono le galassie quelle che noi conosciamo. Non sappiamo se ce ne sono altre a noi sconosciute. La verità è che andiamo dove pensiamo di divertirci. Andiamo dove pensiamo che la musica non deve essere un prodotto come un dentifricio da usare la notte , la mattina e il pomeriggio. Questo non vuol dire che tutte le volte ci riusciamo. Diciamo che la chiave, o meglio, la costante da sempre, se no non avremmo neanche scelto questo genere agli inizi così difficili e ostico per chi soprattutto non capisce la lingua sarda. Per cui cerchiamo di creare divertendoci, perché pensiamo che quando ci divertiamo noi, probabilmente riusciamo a trasmetterlo a chi ci ascolta.
Perché la scelta di questo nome Antistasis per la vostra ultima produzione discografica?
La scelta è perché Antistasis in greco antico traduce in italiano un nome troppo sfruttato ed utilizzato che avrebbe potuto prendere una connotazione politica che noi non volevamo fosse fraintesa. La parola è resistenza.
Infatti in questo periodo dobbiamo resistere ai tanti bombardamenti televisivi
È già un bel po’ lungo suddetto periodo. Tra Covid e guerra siamo entrati già al terzo anno. Ma è un po’ tutto. La resistenza è usata molto anche nella politica e da tutto quello che è stato fatto dai nostri partigiani per liberarci dagli oppressori. Noi non volevamo che il titolo richiamasse immediatamente ciò. Però al medesimo tempo la parola ci allettava alquanto.
È anche una resistenza che ognuno di noi fa per gli affanni nella vita?
Anche. La resistenza è vivere la vita. Il grande Vittorio Gassman, del quale ho ascoltato poco tempo fa una sua vecchia intervista, e forse era negli ultimi anni della sua vita, diceva che la vita d’altronde non era passeggiata. In effetti è vero. Pur essendo il dono più grande e più bello che Dio ci possa avere fatto, però non è una passeggiata. Per cui la resistenza non deve essere una resistenza faticosa, ma deve essere una resistenza anche alle cose troppo belle che possono distorcere dalle cose più importanti. Insomma ognuno può interpretarla come vuole.
In relazione al video ufficiale “ la ricerca del tempo perduto”, dove è stato girato e il perché del personaggio del clown?
Il video è stato girato nell’ex carcere di Sassari di San Sebastiano ormai diventato un museo. Per cui abbiamo fatto sia la presentazione di tutto il disco in streaming e realizzato il video clip usando il medesimo luogo. Il regista, Italo Palmer, si è rivolto direttamente all’attore Ignazio Chessa, che porta avanti questo personaggio che è stato utilizzato anche dai Bertas, nostri amici e colleghi, dove interpreta questo ruolo. È stata una scelta del regista.
È un personaggio molto poetico. Quali emozioni lavorare nel carcere? Indubbiamente luogo di grandi sofferenze umane.
Sì certo e poi quel carcere è stato uno dei più discussi in Italia prima della sua chiusura. Se ne è sentito parlare molto anni fa di questa struttura e noi Tazenda che lo abbiamo avuto a disposizione per tre giorni lo abbiamo perlustrato tutto. Ho visitato cella per cella ed è un posto dove sicuramente c’è stata tanta sofferenza.
Una grande esperienza umana anche per voi Tazenda?
Si. Abbiamo anche visitato le segrete molto antiche dei piani inferiori; un carcere edificato nel 1871 ed ultimamente anche molto discusso perché era diventato ormai fatiscente, sovrappopolato; una struttura priva di logistica essenziale per ogni umano.
I vostri testi, come “Coro” in frasi come “ho messo in dubbio la mia sacra promessa”, di quale promessa tratta?
Un matrimonio.
Usate anche la lingua inglese
Questo noi Tazenda da sempre. Anche in “preghiera semplice” e in tante canzoni. Solo il primo album lo abbiamo fatto tutto interamente in sardo. Poi già da “Limba”, dove c’è “pitzinnos in sa guerra” abbiamo cantato in sardo, inglese, giapponese e italiano. Abbiamo iniziato a giocare un poco con le lingue visto che noi non abbiamo una lingua definita per cui giochiamo con tutte le lingue del mondo.
Perciò i Tazenda si aprono al mondo. È un pianeta che nell’unione abbraccia le diversità anche linguistiche?
Fin dall’inizio noi questo progetto lo abbiamo iniziato, nonostante fossimo molto giovani, proprio come progetto di apertura. Anche se paradossalmente qualcuno poteva pensare che cantando in sardo volevamo chiuderci al mondo e nelle nostre tradizioni, era per noi il rappresentare una forma di rottura o una crepa per fare intendere che gli usi e costumi non hanno una sola lingua, o meglio, può averle tutte.
Antistasis presenta un’essenza filosofica. Il titolo “tempesta mistica” richiama ad una certa profondità. Nella frase “lo dicono le stelle” c’è come un ritorno a qualcosa di divinatorio o spirituale come in “astrolicamus”, un neologismo sardo da voi creato.
Il merito è di Gino Marielli è l’autore sia di gran parte delle musiche che di tutti i testi. C’è anche una parte di noi perché Gino scrive del nostro vissuto ed altro. Un testo può nascere anche da un viaggio in auto o da un dialogo.
Come lavorate? Sicuramente siete una grande famiglia.
Lavoriamo nel senso che nelle musiche partecipiamo alla scrittura, agli arrangiamenti, ma i testi sono quasi sempre tutti di Gino. A lui piace molto comporli. A me piace molto leggere. Scriverli forse mi sarebbe piaciuto ma non ne sento la mancanza perché non mi sono messo a farlo. Mi piace comporre e scrivere con le note. Tante idee vengono da noi o a volte tante idee scaturiscono da Gino. L’elemento mistico lo stiamo abbracciando da anni senza imporlo. Se si pratica una ricerca su sé stessi che dura da anni non necessita imporlo agli altri. Ad esempio, io pratico yoga dal 1994 , da quando mia figlia Giulia era ancora nel grembo della mamma, ma non l’ho mai detto nelle interviste, non lo pubblico nei post, ecc.
Posso scriverlo?
Si certo puoi scriverlo. Credo che un certo tipo di percorso non lo si debba svendere. È come fare beneficenza e dirlo. Significa fare promozione di sé stessi. Allora tutto quello che è nella tua vita personale, nonostante non ci sia niente da nascondere nel fare yoga e meditazione, a me non piace sbandierarlo. È una sorta di pudore.
Vi è una meravigliosa canzone che voi avete scritto in “Fortza paris” che ritengo debba essere incluso nei libri scolastici dei ragazzi per apprendere la storia, “le danze del XX° secolo”. Con questo brano siete riusciti a parlare della storia d’Italia in una canzone. Come è nata?
L’idea nasce da un libricino che un giorno Gino aveva acquistato. Era un libricino che dava solo nozioni storiche. Il brano è nato dalla suddivisione di ogni decennio con l’evento storico che lo aveva caratterizzato.
È un brano meraviglioso
Non tutti però lo hanno capito. “Fortza paris”, tutto l’album a mio avviso un grande disco, lavorato da mani sapienti ed unico disco non prodotto da noi, ma da Corrado Rustici, un’artista di fama internazionale che ha prodotto anche tutti i lavori di Zucchero, non è stato compreso a fondo. Pippo Baudo non scelse neanche un brano quando ci chiamò per sapere se ne avessimo qualcuno per Sanremo. Noi gli avevamo dato il disco ma lui tacque. Non so che dirti, però ci sta, perché tutte le ciambelle non escono col buco. Mai un proverbio fu appropriato per il discorso che stiamo facendo.
C’è un sogno dei Tazenda?
Devo essere sincero il sogno grande, forse qualcosa di più, lo abbiamo realizzato. Però non si smette mai di sognare. Stiamo lavorando affinché la nostra musica duri nel tempo. Quando fai musica ti rendi conto dopo un po’ di tempo che l’hai fatta, se hai scritto una bella musica o una bella canzone. Quando si fa una buona opera musicale, quella rimane nel tempo. Può arrivare un successo più effimero come i tormentoni estivi, ecc., magari si ascoltano per due o tre mesi alla radio, ma poi si dimentica tutto. Perciò il sogno è quello di continuare a fare musica di spessore riuscendo a piacere a tutti. Siamo abbastanza sereni artisticamente.
Voglio ritornare al disco e alla copertina di Antistasis. C’è la raffigurazione di una donna gravida?
Si è la madre terra. È la natura.
La stiamo maltrattando questa madre natura?
Si da sempre e da come sta accadendo in quest’ultimo secolo in modo terribile. Con la tecnologia che va sempre più avanti e con l’utilizzo di sostanze che sono nocive. Tempo fa alcuni scienziati hanno detto chiaramente: “salviamo l’uomo”. La terra non morirà mai. La morte del pianeta è prevista tra cinque miliardi di anni, quando il nostro sistema solare si spegnerà come tutti i sistemi solari. Siamo oggi nel bel mezzo del cammin di nostra vita. Il nostro sistema solare ha cinque miliardi di anni. Ne abbiamo ancora da vivere altri cinque. Io ho forti dubbi che l’uomo possa ancora stare in questo pianeta per altri cinque miliardi di anni. Perciò dobbiamo cercare di salvare l’ambiente, ma per salvare noi stessi. Gli umani maltrattano la terra, i mari, l’aria, ecc., ma quando l’uomo si estinguerà, la terra si riprenderà. Pensiamo alla terra in un periodo di dieci anni senza l’uomo. Sarà una festa per il pianeta, la flora e la fauna. È vero che gli umani trattano troppo male la terra ma stiamo trattando male anche noi stessi.
Tempo addietro l’uomo aveva un contatto più sincero con la natura
L’uomo aveva un contatto più con la natura e la terra perché ne aveva più bisogno. Si lavoravano le campagne e si viveva in un altro modo. Oggi l’uomo si sta evolvendo troppo nella tecnologia, nel fare soldi, anche se i ricchi sono sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri. Ci stiamo allontanando sempre più dal contatto con la natura. C’è ancora una parte di gente che crede ancora in questa relazione con la terra e la verità è che dobbiamo fare dei passi indietro.
In questo senso ha valore affermare Antistasis come concetto?
Certo. Adesso dobbiamo pensare che per i prossimi mesi pagheremo il grano tre o quattro volte di più. Oggi l’uomo corre per il danaro e per il profitto. Dovrebbe correre per altro. Certo i soldi in questa società servono, perché senza questi non si può vivere, ma si dovrebbe dare priorità a ben altro. Noi dobbiamo essere il cambiamento che vogliamo nel mondo. Non si può pretendere che gli altri cambino per noi. Noi dobbiamo cambiare. E se tutti lo facessimo ci ritroveremo a vivere in un mondo migliore.
Un’ultima domanda che pongo a tutti i personaggi intervistati. Il SETI studia le diverse possibilità di comunicazione con eventuali future entità aliene. I Tazenda incontrando gli extraterrestri, con quale tipo di linguaggio comunicherebbero?
Se noi dovessimo trovarci a comunicare con gli extraterrestri significa che loro vengono per incontrarci. Se loro vengono per incontrarci è segno evidente che sono molto più evoluti di noi. E se sono molto più evoluti di noi, troveranno il modo di comunicare. Mi piacerebbe la comunicazione telepatica tra tutte le forme possibili.