Ludovica Massidda, in arte Luvi, è una giovane cantante e musicista vincitrice del Premio del Fortuna Music Awards, assegnatole dal grande Maestro Beppe Vessicchio. La sua timbrica vocale e il mood anni ottanta, che il suo produttore Andrea Piraz avvia con la giovane artista,  dimostra che la Sardegna è terra fertile di nuove promesse in ambito musicale.

Come e quando ti sei avvicinata alla musica?

Mio padre, Giulio Massidda, ha avuto un influsso importante sulla mia educazione musicale come DJ. Mia madre, Donatella Melis, mi ha avviato ed incitato allo studio del pianoforte fin da quando avevo sette anni e fino agli undici anni mi sono dedicata allo studio di questo strumento. In seguito, nel corso della mia formazione alle medie inferiori ad indirizzo strumentale, mi sono dedicata allo studio del violino. In contemporanea alla frequenza delle scuole superiori ho proseguito a studiare al Conservatorio di Cagliari concludendo il percorso questo anno laureandomi in violino jazz.

Come è nato il progetto Luvi?

È iniziato con Andrea Piraz, produttore della La Solid Music al quale ho fatto ascoltare dei miei lavori e da questo incontro ho avviato il mio progetto solista.  In seguito è uscito il mio primo singolo, “Maledetta”, https://youtu.be/EEJJL1VeQ8U, e il secondo “Funk you”, https://youtu.be/O02c6_czC8U, il terzo “Jamais vu”, https://youtu.be/BcO7kFQORLU. Poi un giorno mi è arrivato un messaggio della Fortuna Music Awards che mi invitava ad iscrivermi al concorso. È un Festival musicale che ha come obiettivo presentare le nuove realtà di questo campo giovanile, la cui giuria è presieduta dai più importanti discografici e dal Maestro Beppe Vessicchio. Ho passato le diverse selezioni e fasi del concorso fino a giungere in finale per l’attribuzione di tre premi. Li ho vinti tutti e tre e sinceramente non me lo aspettavo. È stato bellissimo. Il primo premio era per rappresentare il brand ambassador del chinotto Neri, una storica industria italiana. Il secondo Premio ce lo ha conferito il Maestro Beppe Vessicchio, mentre il terzo premio sono stati  diecimila euro da spendere in progetti e materiali musicali. Il brano che ho portato è stato Jamais vu.

Qual è il contenuto di questo brano?

Jamais vu, che è il contrario di dejà vu, rientra tra nei sintomi della derealizzazione, e sostanzialmente consiste nel non riconoscere una situazione. Il Jamais vu è meno frequente del dejà vu perciò poco conosciuto come fenomeno. Il brano tratta proprio di ciò, che molto spesso noi non riusciamo a riconoscere una situazione familiare. È una problematica psicologica della quale se ne parla poco.

Com’è nata l’idea di focalizzare questo argomento in un brano?

Nasce dal fatto del perché nelle mie canzoni sondo sempre la sfera psicologica umana. In “Maledetta” tratto del dualismo che noi esseri umani viviamo nel nostro essere. Le nostre personalità che si scontrano.

Dottor Jakyll e Mister Hyde?

Si, tipo ciò. In Funk you espongo il marciume della società, mentre in Jamais vu come detto prima tratto di questo sintomo di derealizzazione che spesso viviamo senza sapere dove siamo ubicati e del perché, posto che tale situazione si riflette anche nella vita sociale, dove sembra di conoscere l’altro mentre la realtà è ben diversa. I miei brani vengono accompagnati dall’elemento ironico che trasversalmente emerge dai testi. Abilissimo Andrea Piraz nelle composizioni perché le ha vestite di un mood anni ottanta.

Proprio negli anni ottanta Franco Battiato cantava “Cerco un centro di gravità permanente”. C’è una analogia in questo?

Io lo sto cercando ancora.

Non pensi che l’uomo lo cerchi sempre?

Concordo con Battiato e sicuramente l’uomo lo cercherà sempre ma non lo troverà mai in questa esistenza e questa vita, dato che viene sempre condizionato dalle emozioni, dall’empatia ed antipatia, piaceri e dispiaceri che intervengono nel proprio centro.

Siamo sempre in continuo cambiamento allora?

Si esatto.

C’è il progetto a breve termine di una tua produzione discografica?

Ti faccio presente che con il premio brand ambassador diventerò la ragazza immagine del loro prodotto, il chinotto Neri, e ti volevo rimarcare che a Palestrina, luogo dove si è svolto il concorso, mi sono presentata con la band che mi accompagna musicalmente nei live. Con il premio dei diecimila euro ora possiamo impegnarci con maggior respiro nella produzione discografica e ciò che la circonda.

Quali i componenti che ti hanno accompagnato in questa bellissima avventura?

Alla batteria Marco Ballicu, un carissimo amico. Ylenia Lapis al basso. Andrea Piraz alla chitarra, dove la sua esperienza umana e culturale è importantissima per questo mio percorso, e con il quale si è stabilita una profonda sinergia nel nostro reciproco lavoro. Con Roberto Macis che si occupa del mixer e mastering. L’armonia che si è instaurata con Andrea e Roberto mi permette oggi di lavorare inoltre con serenità e buona produttività artistica.

Allora vedremo le tue produzioni in un cd?

No è ancora troppo presto.

Come ha vissuto tuo padre questo Premio che hai vinto?   

Tutta la mia famiglia mi ha accompagnato in questo viaggio. Sono venuti tutti a Roma.

Hai dei sogni?

Si. Il mio sogno più grande sarebbe quello di esprimere sempre la libertà che traspare  artisticamente nei miei lavori. Voglio sottolineare che non è la solita libertà di cui tutti parlano. La mia è una libertà dell’anima. I miei testi nascono da profonde interiorizzazioni e riflessioni.

Pensi che l’uomo sia imprigionato in tante sfaccettature?

Si. Si pone molteplici limiti e tantissime facce. L’uomo si imprigiona nei giudizi e nei pregiudizi o si fa condizionare dalle malelingue altrui. I miei testi evidenziano che esistono tali problemi e qui faccio presente del come io avverto ciò e del come li affronterei. Ciò è molto soggettivo.

Se dovessi incontrare un extraterrestre come comunicheresti?

Gli faccio sentire immediatamente le mie canzoni. Li farei sentire a casa. Anche io per tanto tempo a causa della timbrica della mia voce, non certo da soprano, mi sentivo diversa, non conforme ai canoni del cantare formale. La mia voce rauca e la mia presenza quasi androgina mi portavano a racchiudermi in me stessa.

Ricorda che una delle più grandi voci del rock era quella di Janis Joplin, non certo con un registro da soprano

Si concordo, ma ciò che mi infastidisce sono quei modelli stereotipati che le società impongono con dei canoni di bellezza. E quando vedi che tu quei canoni non li rispecchi, automaticamente la tua autostima vacilla. Ho attraversato queste fasi dove il bel canto richiedeva un certo tipo di voce, dove il dolce stilnovo contemporaneo impone un certo modello di donna, ecc. Insomma dei canoni estetici che la società contemporanea impone. Questi canoni purtroppo portano molti giovani a vivere in modo sofferente la propria vita.

L’arte ti ha aiutato?

Più che il violino mi ha aiutato il canto è ciò  che mi ha permesso di tirar fuori con la voce il mio malessere e la voglia di parlarne. Il violino non è come il potere della parola che è molto più grande. Perciò il canto mi ha aperto alla libertà dell’anima. Oggi canto per me e per chi si sente come me.

 

 

 

 

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