Radio Alter on the Road Communications ha incontrato Marco Pacassoni, l’anima italiana musicale della composizione, sia a livello nazionale che internazionale, della marimba e del vibrafono. Festeggiando  il centenario di quest’ultimo, strumento idiofono percussivo, l’artista è stato accompagnato da Lorenzo De Angeli al basso, e Horacio El Negro Hernández alla batteria. Il Trio di grande elevatura e spessore musicale ha creato una sinergia emotiva ed energetica positiva con il pubblico presente in sala al Teatro Massimo di Cagliari per il Festival Jazz in Sardegna, senza smentire la fama che questi artisti vanno sempre più confermando nel panorama del jazz mondiale contemporaneo con le loro produzioni e performances musicali.

Quando è iniziato il tuo approccio con la musica ed il tuo background per arrivare ad oggi.

Inizio come batterista come la gran parte dei percussionisti. Ho studiato in Italia al conservatorio “Gioacchino Rossini” di Pesaro. In seguito mi sono perfezionato e laureato al Berklee College of Music di Boston dove tra l’altro ho conosciuto tantissimi grandi come Horacio El Negro Hernández, Michel Camilo e poi sono tornato in Italia e mi sono rilaureato anche in Italia perché la laurea americana non è riconosciuta. Da lì ho iniziato a insegnare sia al Liceo musicale e a continuare la mia attività concertistica a livello internazionale.

Quanto l’insegnamento e il lavoro didattico ti ha arricchito personalmente e quanto la composizione ne ha giovato anche con questo Trio attuale

La bellezza della didattica è il fatto che ogni giorno condividi emozioni con i tuoi allievi e, anche se naturalmente sono ad un livello diverso, ti danno stimoli continui e non ti nascondo che a volte suscitano anche degli stimoli compositivi anche da ciò che apportano alle lezioni. La mia esperienza mi ha portato, per fortuna, a conoscere artisti di fama internazionale che hanno apprezzato assai il mio modo di comporre e di vedere la musica, come Horacio artista immenso e di grande sincera umiltà quasi disarmante e che ha interpretato il repertorio dei miei brani in modo eccellente.

C’è un forte sentimento tra lo strumento la tua musica ed il tuo vissuto.

Vi è un qualcosa che va di pari passo tra la mia esistenza e la musica. Io mi esprimo quello che sono, quello che vivo e soprattutto dalle emozioni che mi circondano. Quindi sono innamorato dello strumento, di mia moglie e della mia famiglia, soprattutto delle persone che mi circondano, ma anche del pubblico che viene ad ascoltare i concerti e quindi quando salgo sul palco si crea una magia. C’è un’energia positiva e molto stimolante.

C’è un sogno di Marco Pacassoni?

I sogni, quello che dico sempre anche ai miei allievi, uno deve sempre percorrerli e rincorrerli perché con l’impegno si possono sempre realizzare. Ultimamente ne ho realizzati due molto importanti. Uno è quello che sto vivendo in questo momento perché essere in tour con un artista che seguo fin da quando sono bambino, veramente, mi rende orgoglioso. Un altro è questo disco in Trio che uscirà a maggio dove ho potuto realizzare il sogno di suonare con John Patitucci e Antonio Sánchez , anch’essi due miei idoli e stars del jazz internazionale.

Dove lo avete registrato?           

Abbiamo registrato a New York a gennaio e uscirà a maggio.

Posto che l’uomo si sta proponendo per viaggi verso Marte e altri pianeti, se dovessi incontrare gli extraterrestri come comunicheresti? Con quale linguaggio?

Sicuramente la musica è un mezzo di unione di tutte le culture, e gli alieni, o extraterrestri, avranno la loro cultura e sono sicuro che attraverso le note potremmo comunicare in maniera molto creativa.

Infatti in “incontri ravvicinati del  terzo tipo” con le cinque note, sol- la- fa- fa- do, si comunicava con gli alieni.

Si è vero!

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