MARCELLO CASU. LA DOCENZA DELL’ESSERE UN DJ. VIAGGIARE NELLA MUSICA.
Radio Alter on the Road Communications intraprende un percorso di interviste nel mondo dei Dj Set per comprendere come la musica giochi dei ruoli fondamentali nell’ambito dei vissuti umani e sociali. L’etnomusicologia, scienza che studia anche le relazioni dei fruitori, creatori e consumatori della musica, affida un ruolo importante ad essa nelle relazioni sociali ed individuali dell’umanità. La musica scandisce la nascita dell’uomo, le celebrazioni sacre nei rituali religiosi, la morte, le emozioni, le feste e le cerimonie civili di uno stato e società. Pensare che il mondo della discoteca, o ciò che accade nei comportamenti di un locale accompagnato dalle sonorità di una musica sia solo un semplice svago è alquanto rilevante quanto uno studio antropologico scientifico. Le musiche accompagnano i nostri vissuti, le nostre emozioni consce ed inconsce stabilendo reazioni, relazioni, e contribuendo alla formazione della nostra memoria e vissuto. Incontrare i dj che hanno contribuito a formare la memoria storica, sociale e musicale della nostra isola ci può certamente sensibilizzare a capire chi eravamo, chi siamo e quale direzione stiamo per intraprendere, perché la storia siamo noi.
Quando ti sei avvicinato alla musica?
Mi sono avvicinato alla musica fin dall’infanzia. Tutto il mondo sonoro che mi circondava , sia all’asilo che in casa alla tv e radio influiva sulla mia persona e crescita. Questa passione mi ha portato più in là non solo a collezionare la musica ma anche condividerla con i miei amici e la mia famiglia. Fin da bambino c’era in me la passione del registrare qualche brano alla radio che facevo riascoltare a miei amichetti dell’epoca. Era insita in me proprio la voglia ed il piacere della condivisione di quelle sonorità. Oggi questo vale non solo per la musica, ma anche per il cinema, il cibo, ecc.
Tutte le arti? Ciò che ti affascina sono le arti?
Denominiamole arti se consideriamo anche la cucina un’arte. Si, trovo piacevole condividere certi momenti con gli amici. Ma non solo ciò, ci sono quelli nei quali è piacevole anche la condivisione dei luoghi , momenti dello spazio e del tempo, come a New York dal lato di Brooklyn, dove vi è una vista e panorama peculiare rispetto a quella di un grattacielo. Ecco, questi momenti mi piace condividerli con qualcuno per trasmettere ciò che io considero bello ed emozionante. Vivere la bellezza della musica, dei luoghi e dei sapori con gli amici è emozionarsi con loro. È bello scoprire luoghi e tempi che non sono omologati secondo depliant turistici o altro. È bello assaporare i tuoi momenti. Non è detto che salire sulla Statua della Libertà ti emozioni secondo quegli standard pubblicitari che ti vengono proposti. Ci sono anche altri punti di vista sia emotivi che di pensiero.
Parli di New York come una metropoli che ha influito sia sulla tua vita privata che professionale. Quando ti sei avvicinato alla musica come professione e quando è nato il dj Marcello Casu?
Fin dall’adolescenza, durante le feste del mio compleanno, mi piaceva preparare la musica che avrei trasmesso durante l’evento.
C’era ancora il vinile?
C’erano il vinile e le audio cassette.
Perciò già da allora selezionavi ? C’erano dei compromessi nella scelta della selezione? Preferivi brani più o meno conosciuti?
Quando compravo i vinili li sceglievo accuratamente e quando i miei amici venivano a casa per ascoltare musica, se qualcuno mi chiedeva un brano in auge all’epoca propendevo a proporre non solo quello anche altri ascolti. Il mio approccio è stato non solo quello di soddisfare il gusto dell’ascoltatore e le sue richieste, ma anche verso nuove sonorità estetiche. È sempre stata insita in me la voglia di mettere a conoscenza e divulgare ciò che mi ha emozionato per trasmettere le medesime emozioni anche agli altri.
È proprio il comunicare un tuo vissuto?
Si e la soddisfazione più gratificante è quando le persone apprezzano ciò che io ho selezionato e seleziono per loro.
Ti ricordi la prima volta che sei diventato un dj avvicinandoti al mondo professionale?
Come ti raccontavo antecedentemente, il passaggio dalle feste di compleanno a quelle dei miei amici è stato breve per poi approdare nel mondo professionale proprio l’otto marzo del 1992 per la festa della donna a “Su Meriagu” nella località del lungomare di Quartu Sant’Elena. È stato il mio battesimo professionale.
Queste donne ti hanno portato fortuna!
Diciamo proprio di sì! Un bel battesimo. Infatti ogni anno per l’otto marzo non è solo la vostra festa ma anche festeggiare il mio compleanno professionale.
Che musica si trasmetteva in quel periodo?
Nasco con la passione per la “Black Music”e il “Rap”. Ricordo che i primi dischi da discoteca che acquistai furono quelli dei Run-DMC, Beastie Boy, LL Cool J, ecc. tutte quelle musiche che provenivano dagli Stati Uniti d’America in particolare da New York, dove è nato l’Hip Hop, un genere che amavo in particolare. Poi in seguito ho allargato i miei orizzonti anche a tanti altri generi musicali. Quando mi chiamarono per fare il dj a “Su Meriagu” mi commissionarono per una serata di musica Revival . Avevo diciannove anni ed il pubblico presente era di età maggiore rispetto alla mia. Mi richiedevano una musica risalente agli anni settanta ed ottanta, una musica con la quale sono cresciuto. A tal proposito mi ricordo quando ero bambino dei litigi con mia sorella per stare vicino alla cassa del registratore a bobine, per ascoltare “Ramaya” di Afric Simone, e così questa musica che è stata la colonna sonora della mia infanzia e adolescenza è stata quella che ho trasmesso a “Su Meriagu”. Quella musica non è una musica che vissi proprio da dj ma da ascoltatore.
Poi nel tempo la tecnologia da analogica è andata verso il digitale. Quanto è cambiato in te nel trasmettere la musica? E quanto è cambiato il rapporto con l’ascoltatore o di colui che balla nella discoteca?
Faccio presente che sono stato scettico nei confronti delle nuove tecnologie. Amavo mettere musica col vinile nonostante in alcune situazioni fosse complicato l’uso del vinile.
Perché?
Ti poteva capitare un “salto” della puntina sul vinile soprattutto se la consolle era montata su una base non fermamente stabile. Perciò se le persone ballavano troppo vicine al dj facevano spesso sobbalzare la puntina dando inavvertitamente un colpo al palco. Spesso vi erano anche dei problemi di risonanza sonora e di acustica, perciò il dj doveva sfoderare tutte le sue abilità tecniche e professionali. Un fattore importantissimo, inoltre, era l’acquisto della musica. Spesso ciò che sceglievo o ricercavo era di difficile reperibilità nei nostri negozi a Cagliari e proprio per questa ragione che iniziai a viaggiare sia a Roma, Londra e New York per acquistare dischi. Più grande era la metropoli più facilmente si potevano acquistare di prima e seconda mano. Ricordo che a Londra nei mercatini di Camden Town ho acquistato dei vinili usati in perfette condizioni, così si poteva avere la possibilità di suonare un brano come dj, perché se non si possedeva il vinile certamente non lo si sarebbe potuto suonare. Iniziare il mio percorso da dj professionista è stato l’andare di pari passo con l’acquisto di strumenti come il DAT e il Mini Disk che mi dettero la possibilità di trasmettere musica che non avevo in vinile. Iniziai a mettere musica con vinile, DAT e Mini Disk contemporaneamente. In sostanza la maggiore difficoltà era trovare la musica, perché chi la ascoltava su MTV o su Radio Dj nei programmi di Andrea Pezzi e Daniele Bossari, che per molto tempo ha lavorato anche a Londra, era di difficile reperibilità. Posso affermare che nella mia prima fase professionistica da dj la visione era “Londracentrica” e l’influenza della musica britannica era la favorita in Italia all’epoca. Oggi invece i gusti sono più “USAcentrici” e tutto ciò che va per la maggiore negli Stati Uniti lo è anche in Italia. Quindi la gente che conosceva le proposte musicali trasmesse poi da Ringo di Radio 105 in un programma di musica Hip Hop con Paolo Maldini, spesso me le richiedeva. Da qui la ricerca dei dischi fuori dall’isola.
Tu hai studiato all’estero a New York?
Sono andato a studiare a New York dopo essermi accorto che la conoscenza dell’inglese appreso a scuola non mi era sufficiente. Era un inglese scolastico che non mi soddisfaceva. Volevo acquisire una padronanza della lingua per instaurare un dialogo più profondo e più comunicativo. Nel 2006 ho ripreso lo studio dell’inglese alloggiando in un residence di una scuola e utilizzando la lingua anche come un modo di inserimento con gli altri, e vivere con gli altri, specialmente nella Grande Mela. Ho trascorso un primo periodo graduale di tre settimane, poi cinque e nel 2008 e 2009 due intere estati dove per 13 settimane tra New York e Chicago. Vivevo proprio nei pressi della Manhattan School of Music e il mio residence ospitava noi studenti di lingue e musicisti.
Meraviglioso. Eri immerso nell’ambiente idoneo per i tuoi studi.
Si una esperienza molto positiva e costruttiva e proprio lì ho avuto anche la possibilità di mettere musica in un pub al lato del residence.
Così qualche soldo ti ha permesso di attutire qualche spesa
Diciamo di no perché le spese erano alquanto elevate, soprattutto l’alloggio. Il problema di una metropoli come New York è proprio questo il prezzo degli alloggi. Poi per il resto, per il cibo e altro i prezzi sono abbastanza contenuti. Basta cercare e si trovano tante possibilità. Cagliari in proporzione è più costosa di New York per quello che offre.
Allora consigliamo: viaggiamo! Partiamo! Fare esperienze apre le vedute
Si soldi spesi nei viaggi non sono mai spesi male.
Cosa ti hanno permesso questi studi americani?
Avere studiato l’americano a New York mi permesso di riscrivermi all’università con una conoscenza della lingua soddisfacente e di fare un’esperienza in Inghilterra con l’Erasmus. Giungere in terra britannica con una consapevolezza sia della lingua che musicale, ed una maggiore possibilità di relazione con gli altri, mi ha fatto vivere in modo pienamente positivo questi momenti. Forse l’unico ostacolo, se di ostacolo possiamo parlare, è stato il fattore età. Ritrovarmi a trentotto anni a relazionarmi con generazioni più piccole di me, sui diciannove o vent’anni poteva sembrare arduo, ma è stata una bellissima esperienza di vita. Posso affermare che il lavoro di dj ed il viaggiare ti permette di avere una mente e predisposizione più aperta all’altro che ti consente di relazionarti con chiunque senza difficoltà insormontabili.
Voglio affrontare con te il compito del dj che si deve relazionare in discoteca o in un locale con un pubblico variegato. Spesso mi capita di leggere vignette satiriche di fumetti dove si esprime il dissenso al Regaetton perché qualcuno fa richieste al dj di brani Regaetton. La mia domanda in questo caso è che cosa è la musica? Perché si creano generi e gruppi sociali o musicali o “etichette”. Un dj non dovrebbe invece suonare tutti i generi musicali?
Il dj deve essere prima di tutto un appassionato di musica. Deve avere voglia di mettersi in discussione e di svolgere il suo compito che è quello di “edutainment”, per parafrasare Jovanotti, cioè educazione musicale e divertimento musicale. Il mix tra l’educare ed il proporre musica ad un nuovo ascolto, non deve essere slegato anche dal fattore divertimento che è il nostro compito primario. Poi sul fattore educare alla musica è un discorso molto ambizioso, perché se pensi di selezionare della musica per educare rischi di non intrattenere e perciò il lavoro del dj è l’incontro di questi due momenti, tentare di educare, ammesso che un dj abbia l’educazione da trasmettere, che deve essere mixata con l’intrattenimento. Se non si crea l’atmosfera e l’intrattenimento non si mette in condizione di apprezzare ciò che si trasmette al pubblico. Il lavoro del dj è quello di un equilibrista che si muove tra l’educazione sonora e l’intrattenimento. È come un insegnante che tenta di trasmettere la passione per la sua materia non con un metodo noioso. La difficoltà sta nel proporre un qualcosa di nuovo che non è facile apprezzare ad un primo ascolto. Bisogna trovare il giusto equilibrio. Jovanotti che trasmetteva musica commerciale essendo nato come dj anch’egli si rifiutava di trasmettere o no certi brani. Probabilmente oggi lui come dj un “despacito” , un brano dal testo banale, e trasmesso non so quante volte da ogni emittente radiofonica, chissà se l’avrebbe suonato.
Eppure anche i Beatles hanno scritto canzoni dai testi banali
Non credo che sia un discorso di testi. Certi testi sono facili da criticare. Non credo che nel 1977 qualcuno di lamentasse della frase “ Don’t let me be misunderstood” perché era troppo lungo come titolo per lamentarsi di ciò. Forse era più facile criticare “Le Freak” degli Chic.
Eppure tutta quella musica, che poi trasmise Filippo Lantini e che tutta la Cagliari dell’epoca, di quella generazione che la ballò, ha creato una cultura musicale ed un ascolto per la musica black ed afro americana.
Si, soprattutto Filippo Lantini, Andrea Massidda e …
Giulio Massidda?
No, Andrea Massidda. Sia Andrea che Filippo Lantini lavoravano con “Bulla e Saba” e proponevano in quel periodo musica Hip Hop. Perché anche la musica segue dei percorsi, degli alti e bassi, specialmente nei generi. C’è il periodo dell’House, ecc., come se, ad esempio, chi ascoltasse House voglia sembrare come colui che ascoltando solo quel genere sia l’uditore che ne capisce di più rispetto ad altri, mentre invece, in teoria è chi ne capisce di meno. Perciò vi è un atteggiamento di distinzione per chi si vuole porre nell’atteggiamento di ciò. Fu così che “Bulla e Saba” proposero la musica Hip Hop che veniva trasmessa il giovedì al “Bounty” di Cagliari con Andrea Massidda e il sabato “all’Open Gate” di Cagliari Filippo Lantini con Giuseppe Marcheggiano. Il comportamento di avere la voglia del distinguersi porta sempre a non proporre, sia da organizzatori che da dj, la musica che comunemente trasmettono le radio, perché troppo facili da percepire, per quanto con le nuove tecnologie tutta la musica è facile da percepire. Ad esempio quando è nato E. Mule uno tra i primi sistemi per scaricare la musica gratis, pensavo che ci sarebbe stato un miglioramento della cultura musicale da parte del pubblico, nel senso che tutti sarebbero stati in grado di ascoltare album interi gratis.
Invece si è livellato tutto?
Diciamo che si è passato da un possesso della musica, cioè da una proprietà della musica, nel senso che le persone che ascoltavano musica ne collezionavano anche i dischi, passando perciò ad un possesso momentaneo. Oggi si può accedere a tutta la musica con un abbonamento e un buon sistema di streaming musicale o youtube.
Mi sembra come se musica fosse diventata usa e getta. Non ti rimane niente in mano mentre prima il vinile o il cd lo toccavi con mano . Sembra che oggi la musica evapori.
Un fattore è che essendo una musica sempre posta lì a disposizione tendi a posticipare l’ascolto, mentre in passato la mia paura era quella di non trovare più reperibilità del disco o del cd. Oggi la musica è lì nell’etere e ti mette nella posizione di usufruirne quando si vuole e così si tende all’ascolto delle stesse canzoni piuttosto che usufruire di questa possibilità che ci da Internet. Ecco che quando ritornai dagli USA ero contento perché dicevo a me stesso adesso le persone hanno il mezzo per ascoltare tutta questa bella musica, mentre invece ho visto un retrocedere nei riguardi dell’ascolto e crearsi un ascolto passivo. Si è stabilito questo fenomeno di proporzionalità indiretta, cioè più sistemi si hanno per conoscere nuova musica e meno musica si ascolta o si ricerca e appunto si conosce. L’ascolto si riduce alla stessa musica. Dal mio punto di vista era un fenomeno regressivo, mentre quello dell’organizzazione degli eventi si tendeva ad omologarsi poi con quello che il mercato proponeva. Perciò chi andava controcorrente trovava meno appoggi da chi gestiva l’intrattenimento notturno de in questo modo oggi le serate alternative sono una rarità e quando ci sono, esse sono relegate a spazi più piccoli. Ad esempio, “Bulla e Saba”,durante l’estate, proponevano la musica Hip Hop e la Acid Jazz nel 1992 al “Jazzino” all’aperto e vi era così tanto pubblico che ascoltava e ballava una musica che difficilmente veniva trasmessa in radio o in TV. Quindi mi aspettavo un fenomeno totalmente opposto a quello che si è creato e forse questa è una delle ragioni della voglia di distinzione. Perciò chi ha scoperto la musica di qualità ipoteticamente superiore, meno trasmessa, e che crea un tipo di consumo musicale diverso da quello della massa, cerca di distinguersi.
Il musicista “suona”, “crea”musica, il dj si dice “suona” , quale la differenza tra i due?
Ci sono dei dj che suonano e …
Cosa significa “suonare” analizziamo l’etimologia
Negli USA il dj compie questa azione, “play music”, cioè derivazione dalla traduzione “suonare musica” , ma anche “play guitar” o “Play a record” , suonare la chitarra. In italiano “ to play” significa solo suonare e perciò deriva dalla traduzione inglese il “dj suona” . Nel mio caso sarebbe errato, posto che io metto musica, e spesso quando mi chiedono a che ora devo suonare, mi piace precisare che io metto musica, proprio perché mi considero un selezionatore di musica. Nel selezionare la musica opto per una successione che crei un’onda emotiva ed un’atmosfera all’interno della serata.
Ritieni che ciò è avere un potere non indifferente “giocare” con la musica e l’emotività della gente e del pubblico che sta davanti a te nella consolle? Hai la coscienza di questo?
Si e a parte ciò l’impostazione che un dj da alla serata ti permette, qualora non ci siano limiti posti dal gestore e dalla Legge, di farla durare di più. Una serata impostata musicalmente in modo efficace ti permette di avere il locale e la pista affollata. Dipende da come il dj imposta la musica la festa può essere più o meno coinvolgente ed intensa con un tempo di durata minore. Per un imprenditore sono così due ore meno di bar, di ingressi, ecc. Perciò c’è un doppio potere, uno è sul divertimento del pubblico e l’altro su quanto una serata possa rendere in termini economici.
Come dj e studioso del suono sei consapevole dell’uso fatto della musica nella storia, sia durante le guerre, come nell’attacco dei piloti nel Golfo Persico che ascoltavano hard rock, mentre bombardavano, o negli interrogatori dei Servizi Segreti o nelle torture agli esseri umani? Ritieni che la musica è uno strumento di potere?
Si. Se si pensa al film “Good morning Vietnam” osserviamo l’importanza che assume la musica nel film per il morale delle truppe americane. La musica è fondamentale per l’uomo. La musica crea soprattutto emozioni e quelle emozioni creano un’atmosfera tra le persone che stabiliscono una comunicazione più facile. È come l’azione dell’acool. Ecco perché la discoteca è vendita di alcool e di musica, proprio perché è un modo di creare aggregazione, di staccare la spina dalmla vita di tutti i giorni grazie a questo mix di musica e pressione umana e per qualcuno anche alcool o caffeina.
C’è un sogno di Marcello Casu?
Il mio sogno è continuare ad operare nell’ambiente musicale sia come dj e come intermediario per agenzie di artisti come Daddy Yankee, Sean Paul, Nicky Jam per i quali ho lavorato. Forse qualcuno mi criticherà per alcuni di questi perché artisti latini.
Perché questa critica negativa verso la musica latina? Tutti la ballano e chi la critica è colui che non balla? Ritengo che le ritmiche latine abbiano insite in sé una loro funzione associativa.
Se parliamo della musica Regaetton, in particolare, paradossalmente io l’ho conosciuta quando era musica di tendenza a New York. Quando uscirono i primi dischi di Daddy Yankee, li ascoltavo perché trasmessi da un’emittente americana Hot 97 da Dj Camilo, un dj tra i più popolari della radio con un programma di Regaetton rivolta agli afro americani. In teoria noi pensiamo che avrebbero dovuto avere una sorta di “razzismo” verso questo nuovo genere musicale e della musica latina, ma non fu così. All’epoca mettevo musica Hip Hop anche in Italia e ricordo una sorta di discriminazione musicale verso quella più commerciale e pop di Britney Spears o altri artisti che venivano considerati “trash”. Questo tipo di razzismo o discriminazione musicale non l’ho avvertita invece mentre vivevo a New York, e ciò mi ha reso consapevole che negli USA queste distinzioni non sono così bel delineate come in Italia. Un giorno discorrendo con una ballerina di Hip Hop mi fece presente che gli afroamericani, in particolare di Brooklyn, non necessitavano l’ostentazione all’appartenenza del mondo Hip Hop. Loro sono Hip Hop e non hanno bisogno di essere o apparire Hip Hop. In Italia è più forte la voglia di distinzione nel crearsi anche un personaggio, perché se uno è nato a Cagliari o altro luogo, l’unico modo per diventare Hip Hop è vestirsi Hip Hop, con indumenti larghi, ecc. Perciò l’afroamericano non avendo l’esigenza di ostentazione del suo essere Hip Hop non ha neanche l’esigenza della critica discriminatoria verso Britney Spears perché magari il produttore è lo stesso che produce Jay-Z. Ad esempio, Pharell Williams in quel periodo produceva sia le canzoni di Jay-Z , che Justin Timberlake e Britney Spears
Questo è un processo di ricerca di identificazione con un gruppo o modo di essere molto interessante ed anche un concetto diverso del lavorare con la musica e nella musica. E Cagliari è così difficile nel suo ambiente musicale per i dj portare avanti anche la musica latina?
La musica latina in questo momento è molto popolare e quindi oggi è lo jolly per qualunque dj per intrattenere il pubblico all’interno di una serata per farlo svagare, ballare e divertire. È chiaro che tra noi dj c’è la voglia di proporre nuova musica e nuovi generi o mettere un qualcosa che ancora non si balla e che sarà una hit del futuro ed essere tra i primi a farlo.
C’è un tuo dj al quale ti sei ispirato? Un David Guetta, un Bob Sinclar o altri come Steve Aoki. Oggi i dj sono diventati delle stars. C’è qualcuno che ti interessa in particolare?
Hai nominato soprattutto dj produttori. È interessante qui affrontare un altro tipo di discorso. In album di David Guetta c’è scritto “Nothing but the Beat” e questo significa l’affermazione di una creazione non di sua invettiva ma basata sulla scelta del suono e dei beat. Invece uno dei miei produttori preferiti è Timbaland dove nelle sue produzioni partecipa con la sua vocalità campionandone la voce per creare delle melodie accompagnanti i strumentali dei brani che produce. Questi dj di cui abbiamo menzionato prima, Calvin Harris, Steve Aoki, ecc. sono dei dj che accrescono la loro popolarità grazie alle produzione proprie. Essi lavorano soprattutto nei Festivals del calibro Tomorrowland in Belgio o l’Ultra Music di Miami, con un pubblico di diecimila o più persone e vengono considerati come delle stars del rock. Tra i dj produttori amo anche Calvin Harris, un artista poliedrico perché è musicista, dj, produttore, scrive le sue musiche,ecc.
C’è un’evoluzione della figura dei dj rispetto agli settanta in poi. Oggi si inizia a mettere le “mani in pasta”, nella musica e nei suoni.
Si. Con le nuove tecnologie abbiamo più possibilità di poter fare, o a costo zero o con pochi soldi, quello che prima richiedeva costi ingenti. Nei decenni precedenti non tutti si potevano permettere un campionatore, un computer o altro per potere produrre un brano. Quindi la strumentazione che prima possedeva una casa discografica oggi invece la puoi sopperire con le nuove tecnologie lavorando a casa tua. Ecco perché anche le competizioni per dj sono cambiate. Prima la DMC World DJ chiedeva ai dj di suonare con i piatti ed utilizzarli per creare dei suoni attraverso lo scratch e tecniche come il cutting che permettevano il passaggio da un brano all’altro in un percorso melodico. Oggi con le nuove tecnologie, essendo più semplificato ciò, richiedono al dj di utilizzare le proprie abilità e creatività artistiche per produrre musica. Un amico di Matera, Damianito, un dj che vive a Roma, che ha vinto il Campionato Mondiale Red Bull per dj, il “Red Bull Three 3 Style” , ha suonato con diverse sezioni di molteplici brani, creando un’onda che avesse un suo percorso ritmico e melodico in venti minuti di set. Perciò si deve creare una mini compilation che agisca sull’emotività dell’ascoltatore dove la giuria giudicante non solo valuta la tecnica, ma anche la selezione musicale, lo stare in scena, la creatività stilistica e contenutistica, e la relazione che si stabilisce col pubblico. La selezione dei brani deve essere di buona qualità perché in giuria ci sono personaggi come DJ Jazzy Jeff , l’amico di Will Smith, che faceva il dj negli anni ottanta, è stato uno dei primi a fare L’Open Format, cioè non suonare un solo, non suonare tenendo un determinato ritmo, ma creando un continuo cambiamento di generi musicali, con cambio di Mood e velocità e quindi di BPM dei brani. Ecco perché la competizione è denominata Red Bull Three 3 Style perché in venti minuti i dj devono almeno mettere tre generi musicali.
Trasmetti le tue competenze ed esperienze?
Già da cinque anni organizzo dei corsi base per dj per i clienti del Forte Village di Pula, attività proposta con le discipline sportive. Sono lezioni individuali perché è diretta la docenza con il singolo discente.
Si divertono?
Si, si divertono e apprendono con passione perché insisto sulla metrica e la relazione ritmica tra i brani nel modo più pulito ed efficace possibile, dove il discente si compiace nel conseguire un traguardo. Si deve, per esempio, passare da una frase completa di testo e musica ad un’altra frase di un altro brano creando una continuità. Le lezioni sono suddivise in parti teoriche e pratiche perché l’apprendimento teorico ti da le basi di impostazione di un mix, posto che le nuove tecnologie facilitano la messa a tempo che un prima si svolgeva manualmente con il giradischi. Con lo schermo e il BPM la sincronizzazione delle canzoni è abbastanza facile così possiamo concentrarci maggiormente sulla struttura dei pezzi.
Esiste la possibilità di creare una scuola per dj a Cagliari?
È una esperienza che ho vissuto facendo parte di un team di insegnanti di una scuola a Cagliari insieme a Giulio Massidda, Fabrizio Minozzi, e altri. Però penso l’essere dj vada insegnato “one to one”, perché si deve personalizzare la lezione in base a chi abbiamo davanti. Infatti una delle prime domande che pongo a un discente è se suona qualche strumento, quale genere musicale preferisce, ecc. per potere capire, in base alle esperienze e ai gusti, qual è la strategia migliore per insegnare nel modo più rapido possibile quello che è il lavoro del dj divertendosi. Poi nel caso di un insegnamento in un villaggio vacanza quando si insegna a dei teenager stabilire un certo tipo di didattica è fondamentale, perché avendo appena terminato le lezioni scolastiche non hanno certo voglia di iniziarne un’altra, perciò imparano un qualcosa, perché la musica è matematica, dove in una sequenza musicale devi ragionare intorno ai numeri , alle battute, ecco perché è fondamentale che capiscano la teoria. Una volta affrontato questo passaggio il mettere musica già crea emozione nel riuscire in ciò. Perciò l’emozione e il divertirsi portano molti di questi discenti a continuare a studiare.
L’ultima domanda che pongo a tutti gli intervistati: arriva un’astronave con entità da altri pianeti. In poche parole devi spiegargli che cos’è la musica e che cosa è fare il dj.
Credo che il modo migliore per spiegare cosa sia la musica è fargliela ascoltare. Potrei fare una selezione di ciò che considero io musica e comprendere la loro reazione. Sarebbe bello fare un DJ SET per gli alieni e cercare di capire cosa gli piace e una volta che catturi la loro attenzione, per poi proporgliene sempre di più bella. Il modo migliore per parlare della musica è ascoltarla.
Grazie.