1396122865-portavano-i-fiori-al-nonno-defunto-ma-dentro-la-bara-c-era-una-donnaSuggestioni: Il debitore malato

Ero in quint’anno quando mia madre
comincio’ a presentare un strana febbricola che le dava una spossatezza
profonda. Mi preoccupai molto perché mai era stata così male e decisi di
ricoverarla a Cagliari, in Patologia medica. Avevo dato l’esame di Semeiotica
con prof. Pitzus e conoscevo un po’ l’ambiente. Il direttore del reparto, prof.
Lippi, fu gentilissimo, ma mi fece una proposta singolare: avrebbe ricoverato
mia madre solo se avessi dato una mano in reparto, perché erano a corto di
medici. E così mi ritrovai con la responsabilità di sei posti letto, tutte
donne, tra cui mia madre.
Pochi giorni dopo mia madre fu dimessa. Aveva
semplicemente un’artrite reumatoide, che ogni tanto azzanna anche me, e visse
ancora vent’anni con le sue compresse di Brufen.
Io, invece, non lasciai il reparto. Ci restai due anni, fino alla laurea, e divenni un medico pratico prima di laurearmi, sotto gli occhi sapienti del prof. Balestrieri, che quando mi vedeva incerto nella diagnosi mi sorrideva e mi incoraggiava…farai una figura gagliarda…
Pochi mesi dopo le dimissioni di mia madre, ricoverai tzia Greca,
un donnone del medio Campidano, dal seno a cadinu e i baffi da carabiniere.

Era affetta da una malattia grave ma non seria…un plasmocitoma….e se ne
stava tutto il giorni seduta nella sala comune avvolta in una vestaglia a fiori
haitiani, che la facevano diventare ancora più imponente. A pranzo e a cena, una
signora più o meno della sua età, serissima e compunta, le portava da
mangiare….mica roba da ospedale, che vomitano anche i cani…no, no,
manicaretti e leccornie da ristorante a cinque stelle.
Un giorno che la vidi mangiare una sogliola con tanto di parmigiano sciolto, le dissi…tzia Greca, certo che la signora la tratta bene, e’ sua sorella?
Tzia Greca scoppio’ a ridere…dotto’, ma che mia sorella, e’ una vicina di casa, una che mi odia come Giuda odiava Gesusu…come sarebbe a dire, tzia Gre’, sembra così gentile…eh!
A marolla e’ gentile, le devo sette milioni e mezzo e mi accudisce come una
principessa di Savoia, perché sa che se muoio quei soldi non li vedrà mai…e
giù una sghignazzata da megera.
Io dovetti sedermi sul letto per evitare di rotolarmi sul pavimento dalle risate.
Quando la dimisi, le dissi…tzia Gre’,
però, mi auguro che pagherà il debito alla vicina…
Mi guardo’ col solito sorriso beffardo…a quella? Manco per sogno; tra una decina di giorni mi do’ malata e mi ricovero in un altro ospedale, e lei sempre dietro a controllare che non muoia e a rimpizzarmi di cose buone, che a casa non ho mai mangiato; l’ho fatto già tre volte…
Tzia Greca non l’ho più rivista, ma sono convinto che
alla fine abbia saldato il suo debito.

Ho ricordato tzia Greca mentre andavo
in Ogliastra.
Infatti, a Rai 1 un economista analizzava la crisi della Grecia
e l’ipotesi di un eventuale fallimento economico che la farebbe uscire dall’area
euro e forse dalla Comunità Europea. Una Grecia malata…come tzia Greca
appunto…un’assonanza perfetta.
Una nazione malata, travolta da una crisi
sociale e non solo economica, come in una situazione postbellica.
La mia cultura classica mi fa soffrire ogni volta che sento gli osservatori
internazionali ipotizzare l’abbandono di questa terra che ha dato i natali alla
nostra cultura: senza la Grecia non saremmo mai esistiti, non avremmo conosciuto la filosofia e la poesia, non avremmo sognato con gli dei dell’Olimpo e non avremmo coltivato la logica e la matematica.
Ho scoperto l’epica con Omero, la poesia con Alceo, la logica con Aristotele, la scultura con Fidia, la storia con Tucidide, la Natura con Epicuro…ma senza di loro non avremmo avuto Virgilio, Tito Livio, Tacito e Polibio, Catullo e Seneca e il divino Lucrezio.
Tutti abbiamo indossato almeno una volta la corazza di Achille, sguainato la spada di Aiace; e tutti ci siamo commossi per la morte di Patroclo e la disperazione di
Achille, ma abbiamo pianto con Priamo, che abbraccia le ginocchia del feroce
Pelide per avere il corpo del figlio ucciso.

Quella Grecia eroica non esiste più da millenni.
Dopo aver trionfalmente due volte sui persiani invasori, fu
travolta dalla guerra più stupida mai combattuta degli esseri umani…quella del
Peloponneso…umiliata militarmente dai macedoni e poi dai romani, e poi dai
turchi, ma non ha mai smesso di incantare i feroci dominatori con la grandezza
della sua civiltà. E un riverbero della sua inimitabile cultura illumina ancora
il nostro mondo arido, incapace di ricordare la bellezza di un mondo amato dagli
dei. Una vecchia signora, inesorabilmente devastata dal tempo, che non ha mai
perso il suo fascino: una Calipso, che ammalia ogni navigante che si avventura
nel mare della vita.
La Grecia e’ Europa, e questa non esiterebbe senza la
Grecia.
O meglio, potrebbe esistere, ma avrebbe il suono di una moneta falsa,
l’aridità di una foglia morta.

L’abbiamo voluta con noi, la Grecia; forse,
per amore o necessità, abbiamo anche forzato il suo ingresso nella Comunità
europea. Sapevamo che qualcosa non andava: esazione delle tasse inesistente,
sprechi immani per spese militari, privilegi assurdi di un’oligarchia
burocratica, sistema pensionistico insopportabile per qualsiasi stato
occidentale.
Ma di questa Grecia aveva bisogno comunque un’Europa
ragionieristica e abbiamo finanziato la sua politica spensierata con 400
miliardi di euro: 250 dal FMI, 60 dalla Germania, 50 dalla Francia, 30
dall’Italia…quanti sprechi per le Olimpiadi fallimentari, quante navi militari
inutili comprate dalla Germania..
Poi, improvvisamente, abbiamo fatto finta di
scoprire che per entrare in Europa, la Grecia aveva truccati i conti…il suo
debito non era il 3% del PIL, ma uno spaventoso 12%.
Una voragine infernale,
che avrebbe ingoiata tutto e tutti.
Dei pessimi governanti hanno ingannato,
blandito oltre misura un intero popolo, che forse si e’ adagiato in privilegi
che facevano comodo a tutti, ma che certamente sarebbe stato capace di una
dignitosa ripresa.
E noi, paesi più forti, trattiamo una crisi essenzialmente
sociale col piglio severo di chi fa il cassiere di banca…dei ragionieri
incapaci di capire chi ha fame.

Di fronte a questo grande malato, cosa
facciamo?
Gli portiamo da mangiare come faceva la speranzosa creditrice a tzia
Greca?
Macché, gli togliamo tutto, cibo e medicine, di modo che crepi…anche
se con questo atto idiota perdiamo il nostro credito…ma vuoi mettere con la
soddisfazione di rinfacciare ai greci la loro inefficienza, il loro canto da
cicale rispetto alla nostra operosità da formiche? Vuoi mettere fare i moralisti
e rinfacciare a Tsipras e al folcloristico Varoufakis le smargiassate, le bugie
su IVA e pensioni…come se non sapessimo che non e’ in quel modo che
riusciranno a saldare i miliardi di debiti entro il 30 giugno.
Una fiera degli
inganni da parte dei debitori, e una fiera delle vanità dei creditori, che
intendono punire i governanti imbelli dimenticando il popolo alle loro
spalle.

Conosco bene la Grecia per esserci stato, spinto da un bisogno
affettivo: come tornare a bere alla sorgente della mia infanzia. E ci ho
portato, per la stessa ragione, gli amici e i miei figli. L’ho girata in lungo e
in largo, ho visitato ogni città, sono salito sull’Olimpo, mi sono tuffato nel
mare di Ulisse, ho dormito a Ftia, patria di Achille, e ad Argo, da dove
partirono gli eroi micenei per la loro ultima avventura contro Troia.
Oggi penso ai greci con la tristezza con cui si guardano gli sconfitti. Ci guardarono
così gli Alleati vincitori della seconda guerra mondiale, quando de Gasperi
sconfitto inizio’ il suo discorso più difficile con la famosa frase: “Prendo la
parola in questo consesso mondiale e sento che tutto tranne la vostra cortesia è
contro di me…”.
Confesso: mi auguravo che Tsipras ricordasse de Gasperi
parlando alla Merkel, per ottenere dall’Europa un piano Marshal, come quello
concesso dagli USA agli sconfitti nazifascisti. Per ricominciare a vivere.

E se proprio non vogliamo trattarli da sconfitti, consideriamoli come naufraghi o
come gli emigranti che approdano con i barconi, se ci riescono, nelle nostre
coste. Diciamo sempre che dobbiamo fare in modo che i migranti non partano,
creando condizioni di vita accettabili nei loro paesi di origine…perché non
fare lo stesso per i Greci, finanziarne la ripresa e consentire a questo popolo
di riprendersi? Ci vorranno venti, trent’anni, ma poi questo popolo potrebbe
riprendere il suo posto nella comunità europea.
E poi…ci conviene…forse
non faremmo male se raccontassimo ai signori della Troika la storia di tzia
Greca.

 

Tonino Serra per Medasa.it

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